Montagne di cellulari in disuso. Intere discariche di vecchi computer. Tonnellate di componenti elettronici che rilasciano le proprie sostanze nocive nella falda e nell'atmosfera. Non si tratta di una catastrofica visione del futuro ma di un fenomeno tanto pericoloso quanto poco conosciuto: il cosiddetto e-waste. Ogni anno i paesi industrializzati producono circa 50 milioni di tonnellate di spazzatura tecnologica e questa cifra, già spaventosa, aumenta inesorabilmente del 5% ogni dodici mesi. Ciascun cittadino europeo, secondo un recente studio, produce in media 20 Kg l'anno di immondizia elettronica e solo una minima parte di essa (inferiore al 10%) viene attualmente riciclata. Lo smaltimento di tali rifiuti rappresenta il problema principale: la componentistica inutilizzabile viene inviata nelle discariche senza alcun trattamento particolare, causando il rilascio nell'ambiente di sostanze altamente pericolose quali il cadmio, il bario, il mercurio e il cromo esavalente; gli oggetti che
appaiono in condizioni ancora decenti vengono, invece, inviati nei paesi in via di sviluppo. Sfortunatamente la maggior parte di queste "gentili donazioni" risulta obsoleta e rimane stivata per anni oppure viene bruciata nella discariche a cielo aperto: ogni mese arrivano nel porto di Lagos circa 500 container di immondizia elettronica e le autorità locali non sanno più come gestire il problema.
Per discutere di questa gravosa situazione l'Onu ha organizzato nei giorni scorsi (l'ultima settimana di novembre) una apposita conferenza a Nairobi. I delegati di 120 paesi hanno tentato di tracciare nuove linee guida per l'emergenza dell'e-waste, impegnandosi, prima di tutto, a inviare nei paesi in via di sviluppo solo materiale riutilizzabile. Tra le altre proposte sul tavolo quella di imputare i costi di smaltimento alle aziende produttrici così da invogliarle a progettare apparecchi meno nocivi e più facilmente riciclabili. Un importante passo avanti sotto questo aspetto è stato compiuto stipulando una partnership con 12 importanti produttori di cellulari (tra cui Nokia e Sony) per il riciclaggio e il riutilizzo ogni anno di oltre 600 milioni di telefoni cellulari.
In Italia, intanto, e più precisamente a Segrate, in provincia di Milano, si è svolto lo scorso 20 novembre l'annuale convegno sulle novità normative e di mercato relative alle Direttive sui Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (i cosiddetti RAEE) e sulle restrizioni d'uso delle sostanze pericolose in queste apparecchiature (RoHS). L'Award Ecohitech 2006 è stato l'occasione per fare il punto della situazione e per rilanciare nuovamente il percorso che in breve dovrà portare all'effettiva attuazione delle norme comunitarie in materia. Il decreto legislativo 151/05, che ha recepito le tre direttive europee (2002/95/CE, 2002/96/CE, 2003/108/CE) riguardanti l'e-waste, dal 31 dicembre obbligherà alla raccolta differenziata dei rifiuti tecnologici introducendo il principio del vuoto a rendere per la spazzatura elettronica (ossia il ritiro del vecchio al momento dell'acquisto del nuovo), prevedendo la creazione di adeguati sistemi di gestione dei rifiuti tecnologici e il severo
controllo dei limiti fissati per le sostanze pericolose.
Sfortunatamente, a oltre un anno dal decreto legislativo e a meno di un mese da una possibile ennesima procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea nei confronti del nostro paese, gli accordi tra produttori e comuni non sono ancora risolti e la raccolta differenziata della spazzatura elettronica è ancora un miraggio in molte regioni d'Italia. Non resta che augurarci che la ormai prossima istituzione di un apposito comitato di vigilanza per la raccolta differenziata (tra i cui compiti quello di attribuire sanzioni fino a 100.000 euro per chi non si attiene ad una corretta procedura di smaltimento dei rifiuti) possa rendere più rapido il processo di adeguamento alle normative comunitarie e sensibilizzare la cittadinanza riguardo un utilizzo più giusto e sostenibile di tutti quegli oggetti tecnologici che continuamente acquistiamo e che, altrettanto incessantemente, gettiamo.