Le problematiche italiane raramente impensieriscono i mercati internazionali. In passato qualcuno ha approfittato dei mercati internazionali per motivi politici, facilmente confondibili con interessi di "bottega", ed ha raggiunto il proprio scopo, creando, però, un precedente pericoloso.
L'aurora e poi l'alba del 5 dicembre hanno restituito agli italiani la convinzione che il sole possa risorgere puntualmente anche con la vittoria del "NO" e dopo qualche momento di disorientamento in pre-apertura e nei primi minuti di contrattazione tutto è rientrato nella normalità.
I problemi però rimangono. L'errore dell'esecutivo è stato quello di addossare responsabilità allo schieramento del "NO" per presunte interferenze sulla soluzione di gravi problemi che affliggono lo Stato, quali la situazione del sistema bancario; soluzioni da concordare con i vertici europei che persistono nella convinzione che l'Italietta deve essere bacchettata se si ribella e premiata se fa coscienziosamente i "compiti a casa".
Indipendentemente dalla vittoria del "NO" la soluzione delle problematiche del sistema bancario ed in primis del MPS non è nella disponibilità dell'esecutivo. Ci troviamo in presenza di un "cancro" e dobbiamo fare i conti con le metastasi. L'affermazione è facilmente desumibile dal fiume di inchiostro che è stato versato per raccontare episodi di influenza di partiti politici nella gestione di Istituti di credito. Il cancro è determinato nella saldatura tra finanza e politica; la metastasi è la situazione attuale MPS emersa ed aggravata a causa di condizionamenti esterni interamente ascrivibili a circostanze di mercato internazionale, che nell'estate del 2007 molti tra gli addetti ai lavori potevano presagire, ma che il grande pubblico neanche poteva immaginare.
Dall'autunno del 2007 la capitalizzazione delle banche italiane ha subito un tracollo; il MPS ha perso il 99% del valore delle azioni. Certo i parametri di solidità hanno risentito pesantemente per il semplice motivo che nel calcolo del rapporto tra impieghi e patrimonio i crediti non performanti hanno un peso maggiore rispetto a quelli con un più elevato merito di credito; inoltre, un valore al denominatore (capitale + riserve) letteralmente disintegrato dalla crisi post Lehmann ci restituisce un indice che rende il proseguimento dell'attività imprescindibile da un intervento sul capitale.
Gli italiani a questo punto dovranno proseguire sul costosissimo corso di lingua anglosassone e dovranno familiarizzare, dopo aver conosciuto il "bail in", con un altro termine espresso in lingua inglese: "Burden sharing": letteralmente ripartizione degli oneri.
Il quotidiano di Confindustria il 5 dicembre dichiarava in un articolo a firma di Alessandro Graziani: "se nell'immediato in Borsa il settore (riferito ai bancari) vivrà giornate difficili, è essenziale isolare l'urgenza Monte dalla risoluzione delle crisi del resto del sistema."
In buona sostanza ci troviamo esattamente nella stessa situazione di contingenza che ha generato il referendum dopo che l'esecutivo ha proposto il cambiamento di articoli della Costituzione senza l'accordo del numero minimo dei parlamentari previsto dalla Costituzione stessa. Nel caso dell'intervento pubblico per il salvataggio di MPS la diretta conseguenza sarà l'attivazione del burden sharing. Poiché è questo che prevede l'articolo 132 Brrd ("Bank Recovery and Resolution Directive", direttiva n. 2014/59/EU): conversione forzata delle obbligazioni subordinate tutelando i rimborsi alla clientela retail.
Naturalmente è auspicabile che ci si occupi della questione rapidamente, ma soprattutto che non venga in mente a nessuno di strumentalizzare la situazione per imporre un "Governo Tecnico"; peggio di ciò potrebbe essere un nuovo incarico al capo del Governo dimissionario. Con buona pace per il 60% dei votanti che si sono espressi per il "NO" al referendum.
articolo pubblicato il: 06/12/2016 ultima modifica: 18/12/2016