Le terre conosciute non bastano agli uomini; sempre vengono proiettati i desideri della fantasia e dell'avventura o le illusioni di felicità in territori lontani,misteriosi, illuminati da soli remoti e popolati di prodigi: isole del tesoro, Atlantidi ed Eldoradi, Rivendel e Trinacria, le grotte dei draghi e le montagne del licantropo, i giardini di Falerina o delle Mille e una notte e gli irraggiungibili pianeti della fantascienza danno la misura dell'inquietudine umana.
Alcuni di questi meravigliosi luoghi servono per l'insegnamento politico e morale; altri sono liberi voli dell'immaginazione o riflettono gli impulsi profondi dei sognatori.
Tommaso Campanella e Tommaso Moro descrivono nelle loro utopie città perfette, modelli di convivenza che denunciano i vizi delle loro società.
La Città del Sole di Campanella rivela nel suo tracciato di sette enormi circoli la perfezione ideale e magica, dominata da un tempio meraviglioso nei cui muri sono incise tutte le conoscenze in un compendio del sapere universale.
La Gerusalemme celeste che San Giovanni evoca nell'Apocalisse o Sant'Agostino nella "Città di Dio" eleva ad un piano religioso e mistico la visione della città perfetta. Simboli morali sono il paese di Vecchiezza, la grotta del Nulla o l'isola dell'Immortalità che glossa Baltasar Gracián nel "Criticone".
Durante il Siglo de Oro si legge anche in chiave morale l'isola della maga Circe in cui i compagni di Ulisse sono trasformati in bestie (simbolo della vita irrazionale e consegnata agli appetiti corruttori): si rileggano le opere di Calderón "Il maggior incanto,amore" e "Gli incanti della colpa". In un'altra delle commedie di Calderón, "Il purgatorio di San Patrizio", viene descritta questa leggendaria grotta nella quale era possibile vedere il purgatorio, l'inferno ed il paradiso e alla quale solo i penitenti sinceramente pentiti potevano accedere senza trovare la morte.
In quasi tutti questi luoghi troviamo il tratto comune della lontananza e dell'inaccessibilità. Giungere ad essi suppone un viaggio iniziatico nel quale spesso bisogna superare la barriera di un labirinto. Alcune volte i suoi cronisti danno per persa la terra mitica, come l'Atlantide che descrive Platone nel dialogo "Crizia": "Questa isola era maggiore della Libia e dell'Asia insieme. Oggigiorno, sommersa dai terremoti, non rimane di essa altro che un fondo fangoso inaccessibile. La terra di questo paese primeggiava in fertilità tutte le altre, dava frutti in quantità illimitate. Aveva la terra più eccellente e l'acqua più abbondante, sfruttando le stagioni più felicemente temperate. In questo modo nacque da Atlante una razza numerosa e ricoperta d'onori".
Il fascino del meraviglioso popola i libri di cavalleria, con i suoi castelli e foreste, gli stessi che Don Chisciotte trasporta nella sua pazzia nelle pianure della Mancia, dove ci sono solo locande e recinti per il bestiame (e la profonda e misteriosa grotta di Montesinos?).
Ma non è solo Don Chisciotte e vedere le cose attraverso le sue letture. Quando i soldati di Hernán Cortés scoprono per la prima volta Città del Messico riflessa nella laguna, danno la notizia di una città d'argento come nei romanzi di Amadigi. Nel nuovo mondo si ha l'opportunità di collocare alcuni spazi che accoglievano i miti e le meraviglie dell'antichità: lì troveranno posto la terra delle Amazzoni, la favolosa città di Eldorado, le sette città di Cíbola o la fonte dell'eterna giovinezza.
Il marchese di Cañete autorizza nel 1559 la spedizione di Pedro de Ursúa in cerca di Eldorado, avventura tragica nel cui percorso Lope de Aguirre sgrana un rosario di atrocità, cominciando con la morte di Ursúa e terminando con quella della propria figlia, fino a che le truppe del re uccidono il vecchio Aguirre ed espongono la sua testa nella piazza di Tocuyo. Non trovarono Eldorado. In Perù si trovò in cambio la favolosa terra di Jauja, nella quale scorrono fiumi di latte e miele e gli alberi danno arrosti e dolci, o la collina di Potosí, fatta d'argento. Ponce de León, scopritore della Florida, andava cercando la fonte della giovinezza quando decise di esplorare l'isola di Bimini. Alcuni testi antichi avevano collocato questa fonte nella terra di Prete Gianni, della quale si parla in uno dei libri più ricchi di spazi meravigliosi: i viaggi di Marco Polo. La figura di Prete Gianni s'intreccia con la leggenda del Santo Graal: nel regno orientale di Prete Gianni (in India o nel paese dei tartari) si nasconde la coppa sacra come un'eredità di poteri soprannaturali.
Come afferma Baudolino, protagonista del romanzo di Umberto Eco i possessi di Prete Gianni (Eco lo chiama Giovanni) dovrebbero trovarsi vicino al Paradiso Terrestre. In effetti, come in altri luoghi (i Campi Elisi, il Giardino delle Esperidi, le isole Fortunate) la terra di Prete Gianni, in cui Alessandro rinchiuse anche i seguaci diabolici di Gog e Magog, è una copia del Paradiso, l'archetipo degli spazi meravigliosi.
Per Cristoforo Colombo il Paradiso si trova presso il golfo che battezza del Dragone, come scrive ai Re Cattolici nella relazione sul suo terzo viaggio: "Per la temperatura soavissima e le terre e gli alberi molto verdi, questi sono grandi indizi del Paradiso Terrestre, perché il luogo è conforme all'opinione di santi e sani teologi ed anche i segnali sono conformi, dato che io mai lessi né udii che tanta quantità di acqua dolce fosse così dentro e vicina a quella salata. Credo che lì sia il Paradiso dove nessuno può giungere, eccetto che per volontà divina".
In uno dei molti manoscritti medievali sulle meraviglie del mondo si legge che in effetti sia impossibile entrare in Paradiso, circondato da alti muri di fuoco, vigilato da cherubini armati, al centro di recondite montagne e dall'altro lato di grandi oceani. Solo alcuni privilegiati hanno varcato le sue porte: uno di essi, Sant'Amaro, ritiene di aver passato due ore sulle soglie dell'Eden quando in realtà sono passati duecento anni di estasi.
Questi luoghi ed altri, come il regno di Ofir, produttore di oro finissimo; l'estrema Tule dei mari settentrionali nella quale hanno luogo le avventure di Persile e Sigismonda narrate da Cervantes; la Scizia dai geli eterni e dai feroci abitanti; le Indie meravigliose o la Trinacria mitica popolata da ciclopi e ninfe...
E si ricordi quello che scrive Rodrigo de Santaella nel prologo della sua traduzione da Marco Polo: "Una delle cose che più dilettano è leggere delle parti del mondo, e maggiormente quelle che non riusciamo a vedere e che da pochi furono viste e trattate, che ci possano raccontare le grandezze, città, ricchezze e differenze di nazioni e genti con le loro leggi, sette e costumi, e che abbiamo avuto attraverso racconti incredibili di quelle infinite e meravigliose isole che Marco Polo trovò." Avanti e vedranno..."