Sono passati dieci anni dal fallimento della banca dei fratelli Lehman. Nell’immaginario collettivo l’evento fece scaturire la più violenta crisi finanziaria dagli anni Trenta. Ma le cose non stanno esattamente in questi termini. Per poter comprendere quello che è effettivamente successo è necessario fare un passo indietro. Robert Merton e Miron Scholes; questi due signori avevano ricevuto l’ambito riconoscimento, il premio Nobel per l’economia nel 1996, per aver individuato una formula matematica che consentiva di determinare il valore di strumenti finanziari derivati. Fondato il famoso e iper speculativo Hedge Fund, appunto, con un capitale di appena 5 miliardi di dollari e grazie ad una leva finanziaria spaventosa, avevano potuto imbastire transazioni finanziarie per la folle cifra di 1250 miliardi di dollari.
La crisi finanziaria della Russia, non preventivata, fece saltare tutto il delicato sistema matematico e quasi provocò un crac di dimensioni enormi, con le principali banche mondiali ed i fondi pensioni fortemente scossi dal buco generato e con le borse mondiali a picco. Non fu minimamente presa in considerazione la necessità di regole stringenti, anzi per volontà del Governatore della FED Alan Greenspan nel 1999 fu abolita dal Congresso la legge Glass-Steagall. Questa legge era stata emanata nel 1933 dal Congresso americano, per regolamentare il sistema bancario, dopo il crac del ’29. In pratica, essa impediva alle banche di credito ordinario di usare i depositi dei clienti per speculare in borsa, dividendo il campo della gestione dei depositi da quello dell’investimento in titoli e vietava alle banche di sconfinare nel campo delle assicurazioni. Il Presidente di turno era Bill Clinton e non fu sfiorato minimamente dall’idea dei rischi e soprattutto dal ricordo degli effetti della deregulation selvaggia da parte di Ronald Reagan cui seguì il fallimento delle casse di risparmio. Si stava gonfiando la bolla speculativa della New Economy che esplose con l’abbattimento delle torri gemelle. In quell’occasione finì quella che Greenspan amava definire “l’esuberanza irrazionale dei mercati”. Per ottenere un “atterraggio morbido” si attuò una serie di tagli del costo del denaro per ammorbidire il calo dei mercati e sostenere l’economia reale, creando le condizioni per la bolla del nuovo millennio, quella dei mutui “ninja” (no income, no job or asset,) anche detti “sub prime” perché concessi a coloro che avevano uno scarsissimo merito di credito ed erano esposti enormemente alle conseguenze del rialzo dei tassi di interesse. Condizione che puntualmente si verificò.
John Paulson è diventato famoso nel 2007, mettendo in corto il mercato immobiliare statunitense, prevedendo la crisi dei mutui subprime e scommettendo contro titoli garantiti da ipoteca investendo in credit default swap . Viene indicata come la più grande speculazione della storia, in questa circostanza la società di Paulson ha fatto una fortuna e ha guadagnato oltre 4 miliardi di usadollars. Si potrebbe scrivere un libro sul perché fu permesso che la Lehman portasse i libri in tribunale. Nel 1929 fu la Banca d’Inghilterrà che togliendo liquidità dal mercato innescò la crisi; nel 2008 fu una banca inglese che all’ultimo minuto si tirò in dietro e non concluse l’acquisto della Lehman.
L’analisi dei fatti ex post è semplice, ma resta comunque il rischio, per non è culturalmente attrezzato, di confondere la causa con l’effetto. L’elemento che deve far riflettere è che la crisi iniziata nei primi mesi del 2007 negli usa è stata successivamente trasferita nel vecchio continente e le politiche palesemente sbagliate l’hanno trasformata prima nella crisi del debito degli Stati (difficile dimenticare le pressioni sulla Grecia) e successivamente in una crisi sociale che ha pressoché messo in ginocchio la classe media creando un esercito di nuovi poveri. Si sono innescati movimenti euroscettici, ma questa non è tutta un’altra storia: è la diretta conseguenza della distanza che si è creata tra i popoli e l’élite oligarchica la cui sintesi si ha nella “Commissione Europea” che, utilizzando un termine calcistico, non perde occasione per fornire assist agli antieuropeisti. Questi ultimi sono soggetti ben diversi rispetto agli euro-scettici. Spesso oggi un euroscettico non è altro che un europeista convinto, ma deluso rispetto alle aspettative che avevano evocato i Padri Costituenti.
articolo pubblicato il: 19/09/2018 ultima modifica: 26/09/2018