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cultura
il futuro dell'italiano
di Carla Santini

Nel giugno 2002, a Bruxelles, è stata costituita la "Federazione europea delle istituzioni linguistiche nazionali"; per l'Italia ha partecipato l'Accademia della Crusca e l'Opera del Vocabolario italiano.
Questa Federazione si ispira ad un documento elaborato a Mannheim e varato a Firenze nell'ottobre 2001 e si intitola "Raccomandazioni di Mannheim-Firenze".
Il documento enuncia i criteri che dovrebbero regolare il pluralismo linguistico europeo senza ostacolare l'idea stessa di Europa e il funzionamento dei suoi organismi relativamente alle lingue veicolari o d'uso.
Il pericolo di lingue di serie "A" e di serie "B" potrebbe innescare una serie di contrasti e di conflittualità difficilmente risolvibile per ovvie ragioni. Al contempo, non è percorribile la strada del ricorso a lingue autonome come il "latino". Si potrebbe scegliere la strada di lingue "ponte" fra quelle più parlate e diffuse nel continente.
Nel 2003, l'Italia sarà titolare della Presidenza del Consiglio d'Europa. In vista di questo appuntamento, sono state previste molte manifestazioni , incontri e convegni con l'intento di riflettere sullo stato di salute della nostra lingua e sulla sua credibilità in ambito internazionale di essere una lingua d'uso, accanto al tedesco, al francese, allo spagnolo, all'inglese (ma anche i Portoghesi premono).
Acquisita la consapevolezza che l'inglese esercita un predominio incontrastato a livello mondiale, rafforzato ancora di più da Internet, è opportuno puntare sulla salvaguardia delle lingue nazionali, perché costituiscono il naturale veicolo del patrimonio culturale di ogni singolo stato.
E' interessante la proposta avanzata da Sabatini di prevedere lo studio di una terza lingua, fra quelle comunitarie, sin dalle scuole elementari. La scelta dovrebbe essere , però, fatta liberamente, per favorire quella auspicata circolazione di idee che è presupposto per qualsiasi forma di integrazione culturale, ancorché politica.
Ma a questo punto, vale la pena di fare una breve riflessione sulla necessità di difendere strenuamente il nostro patrimonio linguistico. Non è un arroccamento su ottuse posizioni tradizionaliste e scioviniste. Vuole essere semplicemente un invito a tutelare il nostro patrimonio culturale e la nostra identità. E' avvilente che i nostri parlamentari usino parole straniere, come Welfare e Devolution per indicare ministeri chiave per il benessere e il futuro del paese. Un novello don Milani sarebbe costretto ad interessarsi non solo alle cento o mille parole che fanno la differenza, ma anche ai barbarismi che costituiscono una buona parte dell'idioletto di ciascun italiano medio alfabetizzato.

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