Nel 1985 Massimo Fini, intellettuale fuori delle righe e degli schemi, inaugurò una stagione di picconatura politologica con un gustoso pamphlet intitolato “La Ragione aveva torto?”. Ma Massimo parlava dell’Illuminismo, che di ragioni e di torti ne incarnò molti e veramente storici. Ben più piccoli sono le ragioni e i torti dell’odierna politica italiana, la cui ennesima semi-svolta si presenta tuttavia non priva di interesse.
Mi chiedono: come lo vedi il Governo Draghi? Be’, diciamo subito che, nella mia breve memoria, di Salvatori della Patria ne ho presente Uno solo, di origine galilea; e non lo aveva officiato Mattarella Sergio, ma Qualcuno che è tutt’uno con la Verità…….Più banalmente, abbiamo già avuto esperienze con messianici supertecnici cui il Quirinale (per esempio l’ineffabile Napolitano) consegnò la casa nazionale con tutte le chiavi, comprese quelle di ricambio: Mario Monti fu nominato, in un sol colpo, Presidente del Consiglio, senatore a vita…..non era purtroppo libera la carica di Cardinal Vicario di Roma! Ne derivò un naufragio politico, economico ed istituzionale, da cui l’Italia uscì assai defedata.
Con tutto ciò, la “scheda” di presentazione di Mario Draghi, cittadino amante dell’Umbria con casa di buon ritiro nelle deliziose colline di Città della Pieve, è oggettivamente valida. In particolare è stato apprezzato e piuttosto efficace capo della Banca Centrale Europea (e davvero non è poco); ed è dotato, precisiamo, di un bagaglio di esperienza politica, contrariamente a quanto gli sprovveduti suppongono, non indifferente. In termini di primo impatto politico – da “rivoluzionari” disincantati, gradualisti, riformisti e conservatori, realistici e piedinterra quali siamo – osserviamo che prima c’era il versipelle Giuseppe Conte, passato dal governo giallo-verde a quello delle “quattro Sinistre” (M5S, PD, LEU, Italia Viva). Adesso, perlomeno, ci è entrato anche un bel pezzo di centro-destra (Lega, Forza Italia e anime sparse). Sicchè il baricentro si è riequilibrato. E se si tratta di un “caravanserraglio”, sarà sempre meglio di un oligopolio del grillismo-zingarettismo, al quale l’Italia – covid o non covid – stava pagando prezzi drammatici. Il problema, ovviamente, è verificare se, negli effetti concreti, si stia determinando una svolta reale oppure no. E parliamo degli aspetti sociali, politici, economici, amministrativi; non certo di quelli istituzionali, perché da questo punto di vista, siamo ad un nuovo episodio di regime commissariale. Infatti siamo all’ennesimo Governo nominato dall’ ”Alto”senza investitura democratica: l’ultimo eletto dal popolo è stato Berlusconi ter nel 2008.
E allora, mi chiedono ulteriormente: posto che i tre partiti del centro-destra hanno preso ciascuno un atteggiamento (e un linguaggio) diverso, salvo mettersi in coalizione dove si vota per prevalere numericamente, chi ha ragione e chi sbaglia?
La risposta è semplice, anche se può sembrare pilatesca; mentre è semplicemente polimorfa e doverosamente spiegabile. Tutti e tre hanno un poco di ragione.
La LEGA di Salvini, rimodulatasi su Giorgetti dopo un momento di riflessione, ha avvertito (per sé, ma anche per tutti) l’assoluta necessità, dopo lo svarione dell’estate 2019 di uscirsene dal governo dove stava con sondaggi tutti in crescita, di rientrare nell’area di governo, senza lasciare alla sola FI questa insidiosa prerogativa. Prezzo pagato: l’appannamento di alcune bandiere o slogans incompatibili col draghismo (euroscetticismo, frontiere rigidamente chiuse, pensionamenti accelerati rispetto alla legge Fornero, flat tax). Corrispettivi: possibilità di portare avanti in maniera più soft, ma con diritto di influire, alcune tematiche importanti, a cominciare dai piani di sostegno economico ad aziende e lavoratori autonomi ovverossia i fattori determinanti per occupazione e ripresa; e di stoppare le misure ideologiche e tanto rovinose delle sinistre PD e grilline, che ora devono fare i conti con la convivenza di “salute nazionale”.
FORZA ITALIA, in versione sempre berlusconiana ma un po’ meno, trova il modo di ridarsi un ruolo “riconosciuto” dal regime, più “pesante” di quanto autorizzerebbe la oggi limitata consistenza numerica; e di ridarsi una propria “linea”, senza mediocremente barcamenarsi tra appiattimento sui più rampanti alleati e fornicazione con i nemici del centro-destra. Qualche timida “ripresa” nei sondaggi d’intenzione di voto sembrerebbe incoraggiare la linea, che oltre tutto permette di restare nell’ortodossia europeistica, senza però un cortigiano annullamento nel PPE nel momento in cui è questo in preda a forte snaturamento in un’Europa che va collezionando fallimenti.
Dal canto suo, Giorgia Meloni schiera FRATELLI d’ITALIA all’opposizione (sia pur “patriottica” e “responsabile”) e comunque sceglie il ruolo di “minoranza” parlamentare, ammesso che tutto il resto sia configurabile come “maggioranza”. Mette a frutto così una posizione ben identificabile e conseguentemente per ora confortata dai sondaggi, occupando uno spazio esclusivo all’insegna della “coerenza a tutti i costi”. Ciò le consente di dire a voce alta cose in definitiva vere e da altri soltanto carsicamente sostenibili. Che non è lusinghiero condividere il governo con chi ne ha fatto scempio nel precedente, o con chi è stato sul fronte opposto nel momento del voto popolare. Che sono troppo contrastanti i profili programmatici essenziali della Destra con i teoremi perniciosi di PD e Cinquestelle. Che deve pur esserci in democrazia un’opposizione, rispetto ad un governo Draghi che dà preoccupanti segni di continuità con i metodi e le scelte o non-scelte del governo Conte bis…….Posizione ineccepibile, se non fosse che in politica (come nel commercio, nell’amore, nello sport, nell’arte) la sola coerenza si fa avvitamento su se stessi quando le decisioni devono produrre balzi in avanti nei rapporti con gli altri, al fine di concorrere a determinare i fatti anziché subirli. Insomma, una certa insufficienza di “progetto”, essendo assolutamente legittima ma non esaustiva per una forza politica importante la mera richiesta del ritorno alle urne quando si è visto che tanto, al voto ravvicinato non ci fanno andare……
Ecco perché dico che buone ragioni e percepibili carenze sono entrambi rintracciabili negli atteggiamenti dei tre partiti. I quali, per il momento, vanno a recitare ruoli differenziati: gli uni “da dentro”, l’altro “da fuori”, come si conviene del resto al canone ormai dominante del “ma-anchismo”, in cui ciascun esponente politico, ciascuna corrente, ciascun partito o coalizione, si pregia di essere “governo” (ovverossia potere) ma anche voce della protesta popolare! Perché la “ggente” chiede, com’è noto, sia una cosa sia il suo contrario; e la “demagogia della comunicazione” esige di far le viste di accontentare sia l’una che l’altra aspettativa…
Salvo riparlarne, concludiamo col dire che anche questa stagione politica – caratterizzata peraltro dall’angosciante epidemia maldestramente fronteggiata e con l’indecente ritardo delle campagne vaccinali – qualche prima ricaduta la fa registrare eccome! Sul piano del sottopotere, che molto condiziona le cose italiane, permette intanto non dico di fermare, ma ridimensionare l’occupazione di “posti e ruoli” da parte delle fameliche sinistre, che quantomeno devono rassegnarsi alla compartecipazione nella lottizzazione, che resta tale anche in epoca-Draghi.
Ma, quel che più conta, nelle prospettive politiche, ha già innescato o fatto implodere gli equivoci, le crisi di identità, i morbi intrinseci a chi pretendeva (qualcuno ancora cerca di farlo) di porsi come la nuova – e senza alternative – coalizione progressista, che dovrebbe cooptare nel suo Pantheon da Berlinguer a…..Tabacci!, passando per Grillo, Papa Francesco, la pulzella ecologista mondiale Greta, Biden, il riabilitato Lula, con lista tenuta aperta da Travaglio a seconda del “Fatto quotidiano” e Fazio secondo “che tempo che fa”.
Ecco infatti che il PD, lacerandosi tra cascami democristiani e rigurgiti post-comunisti, accartocciatosi tra le cordate interne, mentre deve dire sì al governo Draghi e nello stesso tempo dimostrare che “con Salvini non ci vorremmo stare”, costringe alle dimissioni anche Zingaretti, perché voleva sposarlo irreversibilmente ai Cinquestelle e ha portato il partito ad un sondaggio del 14% solo per la possibile concorrenza di una lista guidata da quel gigante della politica che è l’azzimato Giuseppe Conte! In piena crisi di nervi, richiama dalla Francia l’ex premier Enrico Letta (quello che doveva “stare sereno”) con la missione di ricondurre il PD stesso all’ambizione maggioritaria. Però la Parigi di Enrico non era l’esilio eroico e fervoroso di Mazzini, ma un cenacolo accademico felpato. Non nascondiamo di nutrire stima per il neo-segretario e gli auguriamo buon lavoro. Ma confessiamo che vedere il ben educato “monsignore” subito atteggiarsi a vitalistico militante per rendersi credibile come “compagno” (facendo fotografata visita alla Sezione di Testaccio, o rilanciando la bojata ideologica dello jus soli pei figli degli immigrati, o – udite! udite! – assumendo come idea innovatrice di sinistra la “partecipazione alla gestione e agli utili delle imprese”, cioè la filosofia della destra sociale, solidaristica e corporativa) ci appare vagamente patetico. E’ umano che Enrico voglia, in rivincita, rimettersi sull’altare. Ma quell’altare è sconsacrato, i sacrestani infidi ed è improbabile che, dopo averlo applaudito all’omelia, lo accompagnino pentiti e ……sereni nella celebrazione fino ad un gaudioso “missa est”.
Se poi l’effetto da Conte a Draghi ha squinternato i piddì, nei Cinquestelle ha provocato addirittura una caotica disperazione. Già esangui per la continua fuoriuscita di parlamentari e aderenti, in rotta con Casaleggio e con quella che era la “piattaforma” cui erano appesi, stanno rinnegando – ad uno ad uno – tutti gli slogans sui quali avevano costruito la loro cialtronesca attrattività. Il caricaturale “profeta elevato” Grillo (ahite, popolo italiano, come ti hanno ridotto, se appena tre anni fa hai dato a costui un terzo dei tuoi voti!) ha deciso di fare, di ciò che resta della sua creatura, l’altra pacca del PD e di trasformarla in “un partito come gli altri”, con le relative sclerosi e con l’aggravante di essere una “proprietà privata” del comico genovese, che assume autocraticamente le decisioni e talvolta le fa ratificare da referendum farsa di pochi iscritti, che non si sa neanche bene chi siano e come votino. In soldoni, fallito su tutta la linea, il M5S prova a riciclarsi come il “partito della transizione ecologica”, nella speranza di sciogliersi nella famiglia europea dei movimenti Verdi, cioè l’unica teoricamente disposta ad accoglierlo.
La neo-replica del M5S, cioè le “Sardine” del ragazzetto emiliano ricciuto, si svelano intanto per quel che erano: una corrente movimentista del PD. Si sono ridate presenti con un sit in davanti alla sede piddina, per gridare pateticamente “Zingaretti, non ci lasciare!”. Infischiandosene, tra l’altro, delle norme anti-assembramento……..figuriamoci cosa sarebbe successo se a manifestare fossero stati giovani di destra!
Sospendiamo dunque i giudizi…….senza pregiudizi. Per ora osserviamo laicamente. E anche con quel poco, scettico senso dell’humor che è consentito dalle serissime difficoltà di tante aziende e famiglie italiane.
articolo pubblicato il: 18/03/2021 ultima modifica: 31/03/2021