L'argomento che vuol trattare il presente articolo concerne la particolare situazione psicologica ed emotiva cui è assoggettata la vita del militare soprattutto nei momenti di guerra. Il suo "stile" è infatti per lo più ignoto al civile, il quale uniforma la propria esistenza a ben altri principi. Recentemente, ad esempio, una mia studentessa mi ha chiesto come potesse venire in mente ad un ragazzo di scegliere la carriera delle armi, e la mia risposta è stata che si tratta di una vocazione personale inspiegabile, come risulta inspiegabile, a chi non la sente, la scelta monacale o sacerdotale. Infatti, anche se molti giovani indossano l'uniforme per questioni essenzialmente pratiche ed economiche, come accade soprattutto al sud, la componente vocazionale non va trascurata: altrimenti non si spiegherebbe il basso numero di volontari rispetto alle centinaia di migliaia di disoccupati cronici o di sottoccupati che vi sono in Italia.
La tesi che qui vogliamo sostenere può risultare fortemente paradossale alla maggioranza, poiché riguarda la componente a prima vista più distante dal mestiere delle armi, e cioè la spiritualità.
La guerra - fortunatamente oggi si può parlare soltanto della "possibilità di una guerra", poiché le truppe italiane sono impegnate in operazioni di pace ancorché pericolose - impone all'individuo dei comportamenti che si oppongono a due istinti primari dell'uomo e comuni a tutti gli animali.
Il primo, forse quello più debole, è la ripugnanza naturale ad uccidere i propri simili, che è universalmente estesa tranne poche eccezioni. L'antropologia insegna che negli scontri tra i primitivi, se non si trattava di questioni di vitale importanza fra le tribù, i conflitti erano per lo più simulati (certe culture li chiamavano "guerre per scherzo") e con pochissime vittime, tanta era la preclusione atavica ad uccidere individui della propria specie. Chi di noi, se gli ponessero un'arma in mano e gli ordinassero di sparare ad uno sconosciuto, si sentirebbe in grado di obbedire? Ma il soldato è impegnato da un giuramento - ed anche questo è un fattore di spiritualità - ad ignorare tale istinto fortissimo dell'animo umano ed a superare la propria ripugnanza; e ciò non richiede animale brutalità, ma al contrario la superiorità dello spirito sulla carne e sui sensi, soprattutto oggi in una cultura non violenta e cristiana nella quale ci troviamo a vivere.
L'altro istinto fondamentale che il soldato deve essere disposto a sacrificare è quello ben più radicato dell'autoconservazione, presente in tutto il mondo animale persino nelle specie più primitive. Si tratta dell'impulso più forte che ogni individuo conserva dentro di sé; e chi si raffigura dei soldati come dei bruti in uniforme, dimentica certamente questo elemento che connota inequivocabilmente la superiorità dello spirito sulla carne: la disponibilità cioè anche a farsi uccidere senza tentare di sfuggire alla morte.
Certamente questo impulso alla sopravvivenza che "urla" nel più profondo della carne aiuta a vincere il primo nelle fasi più pericolose dello scontro, quando vale il principio della mors tua vita mea; certamente in guerra vi sono anche delle particolari circostanze in cui i combattenti sono colti da una irrefrenabile "frenesia di sangue" che non fa onore alla specie umana e che forse attinge la sua forza dalle pieghe più profonde e misteriose dell'inconscio risvegliate dall'eccitazione e dall'ebbrezza crudele del combattimento. A questo punto non è più il caso di parlare di superiorità dello spirito sul corpo, ma soltanto di una trasformazione dell'individuo in una sorta di macchina priva di sentimenti riflessi, causata dall'aspetto più brutale di un combattimento. Resta però il fatto che la guerra organizzata, volenti o nolenti, è un aspetto tipico ed unico della società umana, e che, come tutti le altre caratteristiche della vita sociale della nostra cultura, anche quelle più crudeli, come ad esempio l'antica antropofagia, non va disgiunta da una dimensione spirituale che la sottende. Tale dimensione, per concludere con uno spunto che forse svilupperemo in un prossimo intervento, investe per giunta tutta la vita militare, la quale è sottoposta ad obblighi per lo più privi di significato in quella civile e che possono essere riassunti per il momento in pochi, brevi termini: la disciplina, il servizio, lo spirito di sacrificio ed il senso dell'onore.