quell’ Europa che non era facile sognare
quest’Europa che non è facile amare
Vorremmo sapere chi può darci lezioni di “europeismo”, chi ha titolo a rilasciarci, dopo farisaico esame di political correctness, patente di euroabilitazione. Noi – e dico noi della destra giovane, nazionale e sociale – siamo stati europeisti credenti, quando metà degli “altri” scodinzolava soltanto ai piedi dell’America padrona e, per l’altra metà, erano agli ordini e al soldo della Russia comunista. Gli egemoni bianchi e rossi del pensiero unico, ci mettevano al bando come “nazionalisti”. E in fondo avevano ragione, perché eravamo nazionalisti europei, sognavamo l’Europa Nazione, militavamo, pensavamo, scrivevamo per “le idee che mossero il mondo” e dunque per l’Europa dei popoli, delle identità che anelavano ad incontrarsi e fondersi riscoprendo la millenaria Civiltà comune. Sentimmo amiche le parole ispirate di Charles De Gaulle riguardo al futuro dell’Europa grande “dalle Alpi agli Urali”.
Poi è venuta l’Europa realizzata, quella dei “politici realisti” e alieni dai sogni, dei finanzieri, delle burocrazie sovraordinate alla politica e alle Nazioni, dei mercatisti (non dei “mercanti”, che furono fondamentali costruttori dell’Europa rinascimentale), dei democratisti di regime (non credenti della democrazia partecipativa, ma praticoni della partitocrazia corrotta e del progressismo affarista).
Ed ecco, tra l’egemonia continentale di questi “poteri” senza volto e senza bandiera e i meritori ma fievoli sforzi di poche anime belle che vorrebbero guardare alto e lontano, con che Europa ci ritroviamo. A cominciare da noi Italiani. Un’Europa che si arroga la potestà di imporci norme prescrittive sulle manipolazioni genetiche della vita, sui nuovi “diritti” e “costumi” contraddicenti la vita stessa e la natura; che comanda di scrivere sulle bottiglie del nostro vino che “nuoce gravemente alla salute” e intanto abilita l’industria a farci mangiare vermi o insetti o roba genomodificata oppure emana direttive perché siano legalizzate intere “famiglie” di droghe; che ci carica costi e sacrifici delle “sanzioni” belliche e intanto ci danneggia pesantemente, favorendo le egemonie del Nord, nella formidabile materia dei biocarburanti e dell’energia in generale; che ci chiama ad una coinvolta e blindata solidarietà occidentale nel conflitto russo-ucraino, accantonando la nostra moderna vocazione alle grandi mediazioni di pace nella coesistenza dei Paesi sovrani e stabilendo per noi un’osservanza supina dell’atlantismo versione estrema che ci fa perfino sottovalutare i rischi di conflitti mondiali o – Dio non voglia – spirali atomiche; che, facendo pesare il nostro patologico indebitamento pubblico, non esita però ad attingere per i canali bancari e del capitalismo multinazionale alla grande riserva del nostro risparmio privato; che con una mano finanzia l’abbandono dei campi e con l’altra penalizza nei prezzi ciò che ancora insistiamo a produrre nell’agrozootecnia; che in nome dello sconsacrato Dio Libero Mercato consente che vadano a ramengo le nostre maggiori imprese e i lavoratori addetti, ma ci sanziona come “aiuti di Stato” non ammessi gli interventi per mantenere Compagnie nazionali aeree e di trasporto, mentre li autorizza bellamente ad altri “grandi” Paesi EU che violano sistematicamente le direttive antiprotezioniste; che vuole imporci di costruire, entro due-tre anni, il “cappotto” termico a tutti gli edifici, quando due italiani su tre non possono affrontarne il costo né subire conseguenti svalutazione dell’immobile e divieto di vendere o affittare; che ci fa ipocrite prediche e robusti richiami in fatto di accoglientismo dell’immigrazione irregolare, ma si rifiuta categoricamente di farsi carico comunitario degli ormai dilaganti “arrivi”, non battendo però ciglio quando sono altri Paesi più a nord a respingere inesorabilmente gli immigranti e a stabilire loro, anche per noi, sia le “regole di ingaggio umanitario” sia la selezione delle mani d’opera da assorbire….
Che da quest’autobus inospitale non ci sia consentito scendere, meno che meno in corsa, ne siamo perfettamente consapevoli. Che il mondo interconnesso in ogni settore, a principiare dalle dinamiche finanziarie, commerciali e produttive, non lasci scampo a Paesi che non siano di per sé potenze egemoni e supercontinentali, si è capito. Ma che, sull’onda di una grande controffensiva culturale e lavorando creativamente per innovative alleanze politiche e sinergie tra Nazioni consonanti, si debba spendere ogni energia per cambiarla, rifisionomizzarla, rimotivarla, questa Europa che non si fa amare, sarebbe disperante negarlo. Frattanto – forse non sarà inutile – rispondiamo per le rime a chi (figlio dei cresciuti nell’amerikanismo o nel concomitante e mai rinnegato socialismo comunista) si permette ancora di chiamare “euroscettici” quanti di noi sono stati deprivati del sogno epocale: quello di una vera Patria europea.
articolo pubblicato il: 12/04/2023 ultima modifica: 23/04/2023