Per quanti sforzi facciano, per quanti miliardi guadagnino, i "principi" dell'italico stilismo mai potranno eguagliare due miti, quello di Coco Chanel e quello di Mary Quant.
Gli abiti di Chanel erano prerogativa di poche fortunate e costituivano un sogno fuori di ogni possibile realtà; si parlava di chi li indossava quasi come dei personaggi dei romanzi di Liala e di certi fotoromanzi; la minigonna, invece, lanciata appunto dalla Quant, costituì sul finire degli anni Sessanta la bandiera della gioventù di quegli anni.
Quando si ricorda il Sessantotto si parla del "Maggio" francese, di Daniel Cohn-Bendit, di Rudy il Rosso, della rivoluzione culturale cinese, degli studenti di Valle Giulia. Questi personaggi e avvenimenti non furono preceduti solo dai vari Che Guevara, dai Tupamaros o da Regis Debray, ma anche da tantissimi altri personaggi molto meno ideologicamente preparati ma anche, indubbiamente, molto meno tragici. Furono i beatnick, che si ribellavano alla società sedendosi sui gradini delle chiese a suonare le chitarre, furono i provos, gli allegri contestatori olandesi, furono le centinaia di migliaia di ragazze che decisero di accorciare le gonne malgrado le urla e talvolta le sberle dei genitori.
In realtà la minigonna "spinta" erano in poche a portarla; la maggioranza si limitava a scoprire quattro dita di coscia, accorciando in casa la classica gonna "al ginocchio". Erano gli anni in cui quasi nessuno sapeva, fuori di Milano, che ci fosse una piazza chiamata Fontana.
Poi, come ognuno sa, tutto cambiò. Finita l'allegria della contestazione, anche l'abbigliamento femminile sembrò risentire del nuovo clima che si andava diffondendo.
Comparvero i cappottoni alla "guardia rossa", le romantiche maxigonne, che facevano tanto "compagna del rivoluzionario", tipo Tosca o Mariana Pineda, poi, di pari passo con gli anni di piombo, i giacconi sformati sui jeans di ragazze senza trucco, le midi lunghe diversi centimetri sotto il ginocchio. Poi la lunghezza delle gonne si attestò per lunghi anni due o tre dita sotto il ginocchio.
Nei primi anni Ottanta iniziarono timidamente a far ritorno le mini, di lana rosa o di tessuto jeans, indossate rigorosamente da giovanissime. Poi, nonostante che negli ambienti della moda per anni si decretasse la fine della minigonna, la lunghezza degli abiti femminili, soprattutto di quelli delle giovanissime è rimasta caparbiamente mini, con l'aggiunta dell'ombelico in bella vista.
Come non si vedono da cento anni a questa parte, abiti lunghi fino ai piedi, se non nelle serate di gala, così la minigonna si è radicata per sempre nel costume delle giovani occidentali ed anche di quello delle meno giovani, visti i progressi della medicina estetica, ma anche perché nessuno vuole sentirsi addosso l'effettiva età anagrafica. Salvo non svegliarsi un giorno con l'obbligo del burka come accadde e di nuovo è accaduto alle donne afgane.
articolo pubblicato il: 14/04/2023 ultima modifica: 26/04/2023