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Insegnare al Principe di Danimarca

Carla Melazzini


«Si racconta qui l’apprendistato di un gruppo di insegnanti di media cultura e umanità per conoscere le periferie della cittàe le periferie dell’animo degli adolescenti, cercando di stabilire con loro un dialogo educativo e di vita», perché nella scuola è in gioco la vita. Un libro necessario che parla dei giovani e ai giovani ‘invisibili’, ‘i senza storia’ di tutte le periferie ipercomplesse del mondo, delle città e dell’animo che sono ricordati solo per riempire le pagine di cronaca nera. Un inno alla libertà della parola e del pensiero, quella libertà che ha consentito a Carla Melazzini di guardare alle realtà più crude con uno sguardo contemplativo, di dialogare con i giovani, i più diversi, di avvicinarsi alle questioni più controverse con animo schietto. «Alle volte penso che ci vorrebbe proprio una bacchetta magica. Più che altro bisognerebbe lavorare con le famiglie per cambiare la mentalità. Io comunque non perdo la speranza perché anche i miei figli sono vissuti in una zona a rischio, però mi sembra siano venuti su bene. Quindi non è vero che il quartiere ti dà questo marchio che tu diventi per forza... se uno ha voglia di cambiare e una famiglia che lo segue...» «“Insegnare al principe di Danimarca” è scritto molto meglio di come sono scritti di solito i libri sulla scuola. È concreto, vicinissimo alle cose, perché Melazzini non parla delle sue letture ma delle sue esperienze» (dalla nota di Claudio Giunta) che sono state raccolte e moltiplicate nei progetti educativi portati avanti nella periferia est di Napoli da Cesare Moreno e dai Maestri di Strada che lavorano per garantire una presenza quotidiana a fianco dei giovani che li aiuti ad avere un ruolo in una società che non glie ne dà nessuno e che neppure vuole vederli.

Torna in libreria per Sellerio Editore “Insegnare al principe di Danimarca” di Carla Melazzini, in una edizione accresciuta, curata da Cesare Moreno, compagno di vita dell’autrice e presidente dell’Associazione Maestri di Strada onlus di Napoli, con una nota di Claudio Giunta, docente di Letteratura italiana all'Università di Trento, scrittore e saggista. Una cronaca minuziosa della fatica di insegnare con uno sguardo antropologico e psicologico denso sia sulla realtà sociale psichica degli allievi sia su quella dei docenti e di tutta la “comunità educante”. Un libro che è degno di entrare nell’epica dell’insegnamento, un libro poetico e necessario, di forte attualità, in grado di narrare la realtà più cruda in pagine limpide che emozionano e commuovono. Nasce a Napoli nel 1998 il Progetto Chance, una iniziativa di contrasto alla dispersione scolastica rivolta ad adolescenti che vivono situazioni di forte disagio sociale. Il progetto viene promosso da tre docenti in servizio Marco Rossi Doria, Angela Villani, Cesare Moreno e da un provveditore di origine siciliana Salvatore Cinà che ha avuto l’ardire di consentire ai tre di reclutare i docenti più motivati ed esperti di cui hanno conoscenza, tra questi c’è Carla Melazzini che ha scelto Napoli come sua città adottiva. Questo libro raccoglie gli appunti, le relazioni, gli scritti che Carla Melazzini ha messo insieme nei dieci anni di questa esperienza condotta fino alla morte nel 2009. Vite vissute di ragazzi di strada si intrecciano a riflessioni su Napoli, sulla società, sulla disuguaglianza, sulla camorra, sulla paura e il rifiuto della scuola che sono solo l’appendice dell’invincibile paura della vita di ragazzi e ragazze dei quartieri emarginati.

Le storie di Ciro, di Peppe, di Cesare, Rossella e Annamaria, e dei tanti adolescenti di Ponticelli, San Giovanni, Barra, si alternano ai racconti della vita di ogni giorno, le gite per Napoli con i ragazzi di Chance a fotografare e filmare, primo atto di una narrazione che solo dopo potrà scoprire lo strumento della scrittura, gli incontri con le famiglie, i percorsi di cittadinanza. Un libro necessario che parla dei giovani e ai giovani ‘invisibili’, ‘i senza storia’ di tutte le periferie ipercomplesse del mondo, delle città e dell’animo di cui ci accorgiamo solo quando riempiono le pagine di cronaca nera. Un inno alla libertà della parola e del pensiero, quella libertà che ha consentito a Carla Melazzini di guardare alle realtà più crude con uno sguardo contemplativo, di dialogare con i giovani, i più diversi, di avvicinarsi alle questioni più controverse con animo schietto. «“Insegnare al principe di Danimarca” è scritto molto meglio di come sono scritti di solito i libri sulla scuola. È concreto, vicinissimo alle cose, perché Melazzini non parla delle sue letture ma delle sue esperienze» (dalla nota di Claudio Giunta) che sono state raccolte e moltiplicate nei progetti educativi portati avanti nella periferia est di Napoli da Cesare Moreno e dai Maestri di Strada che lavorano incessantemente per garantire una presenza quotidiana a fianco dei giovani che li aiuti ad avere un ruolo in una società che non glie ne dà nessuno e che neppure vuole vederli. «Focalizzare l’attenzione sugli invisibili è certamene un modo di affrontare i problemi che va oltre l’emergenza. Quando un sistema sociale, economico e politico e una intera cultura continuano a vantarsi di progressi e successi senza limiti nascondendo che al polo opposto delle “magnifiche sorti e progressive” si accumula dolore, emarginazione, degrado, questo sistema e questa cultura non hanno più ragione di esistere ma trovano il modo di giustificare la propria esistenza per combattere l’inciviltà che loro stessi producono. I poveri e gli esclusi, cui dà voce “Insegnare al principe di Danimarca” aggravano la propria condizione adeguandosi alla rappresentazione che gli altri ne danno fino a ritenersi meritevoli della propria cattiva sorte, impossibilitati ad uscire fuori dalla condanna sociale in cui sono nati. Un educatore che ha operato nei ghetti ebbe a dire: il miglior alleato degli oppressori è la mente dell’oppresso», commenta Cesare Moreno, presidente di Maestri di Strada Onlus e curatore del libro «Partendo da questo punto di vista gli educatori hanno un grande spazio: noi non possiamo cambiare l’emarginazione urbanistica, non possiamo cambiare il degrado delle abitazioni e dei servizi, ma possiamo aiutare le persone a non specchiarsi nel degrado e a scoprire “il bello, il buono, il giusto” che sta dentro ognuno di noi. Possiamo aiutare le giovani persone a prendere la parola, occupando una parte della scena pubblica con una narrazione autentica di sé, possiamo combattere gli stereotipi che anche involontariamente passano nel linguaggio che usiamo quando parliamo di periferie e di ghetti urbani».

In questa edizione sono stati aggiunti due nuovi capitoli. Scampati – Riuscire a raccontare era per Carla Melazzini un modo di scampare ai pensieri coatti e all’orrore. Per lei e per quelli con cui avevamo condiviso un percorso di aspre lotte politiche si trattava di scampare a mostri che noi stessi avevamo contribuito a far nascere. Il primo èstato quello della violenza, ed èil motivo per cui sono stati inseriti all’inizio di questo capitolo i temi sul rapimento di Aldo Moro. Al tempo c’era un paese spaccato in due a proposito della vita di Moro, con uno schieramento che invece di dividere – come da copione – destra e sinistra passava all’interno degli schieramenti. Quanto fosse assurdo e osceno lo spettacolo del terrorismo poteva essere capito guardando le cose da un altro punto di vista: quello dei bambini… Seguono gli scritti riguardanti lo psicoanalista Bruno Bettelheim che èscampato ai campi di concentramento e che ha impiegato una vita intera a rielaborare quell’esperienza. È del 1985 il primo articolo di Carla Melazzini su Bettelheim, che non ha conosciuto attraverso gli studi accademici ma attraverso un suo personale percorso sugli «universi concentrazionari» di cui ci sono testimonianze anche nella prima edizione del libro. Il ventre di Napoli – L’esplorazione delle profonditàdell’animo umano correva in parallelo con la conoscenza del ventre della città: attraverso interviste e osservazioni dirette, Carla Melazzini testimonia delle difficili condizioni psichiche di coloro che vivono nei ghetti urbani e di quanto sia importante la narrazione per aiutarli a venirne fuori.

Carla Melazzini, nata a Sondrio nel 1944, insegnante, trasferitasi a Napoli, dal 1998 partecipa al progetto Chance e fonda insieme al marito la onlus «Maestri di Strada», cui Roberto Saviano ha dedicato l’Orso d’argento per il film «La paranza dei bambini». È scomparsa nel 2009. Carla Melazzini

articolo pubblicato il: 06/10/2023 ultima modifica: 18/10/2023

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