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Momenti

Marco Zelioli


Mi pare che una prima caratteristica di questa raccolta di versi di Marco Zelioli sia l’interessante varietà, oltre che di motivi - “pensieri d’ogni genere” -, di registri stilistico-espressivi, di soluzioni formali e discorsive.

Al tratto critico-assertivo, che è proprio della prima sezione intitolata Per quel che mi concerne (pensieri d’ogni genere) («…Uno si è barattato col terrore / e torna a casa come un vincitore, / ma chi ha versato il sangue non ritorna / ed è dimenticato troppo presto. / Così spesso va il mondo, caro amico…», Parallelismi sghembi, corsivo nel testo; «…Non è da fuori, ma dal suo profondo / minato affranto addolorato cuore / e pur capace di donare amore / se dallo slancio a Dio si fa guidare / anteponendo al proprio l’altrui bene. // La guerra da vincere è nel cuore», Guerra e pace), succede nell’Intermezzo la briosa, accattivante spigliatezza narrativa dell’Ode al ladro di bicicletta («Andavo un po’ per caso per via Rubens / cercando un bar per prendere un caffè / come a metà mattina faccio spesso. / Ero da quelle parti a accompagnare / una persona amica all’ospedale / che trovi in via Antonello da Messina. / Io camminavo lungo il marciapiede…»), comprensiva peraltro di note di accurata descrizione: «…Guardo la sella bella cicciottella / (in tutto uguale ad una che comprai / nel negozio di sport di via Arona), / ed il manubrio con quelle due manopole / di plastica, in stile ‘finto marmo’ / che usava nelle bici un po’ vecchiotte…».

Nella seconda sezione, Strade compiute, prevalgono invece la pacata elegia commemorativa, l’intenso raccoglimento sentimentale insiti nel ricordo accorato di chi non è più, cui subentra - parte conclusiva di un assetto strutturale sapientemente disposto - un’Appendice, più abbandonata e spiritosa, aperta all’arguzia divertita («“Ed ecco che alla fine tutto calza” / - si disse soddisfatta Cenerentola», Lieto fine) e al delizioso calembour auto-ironico: «Io sono una persona semiseria. / Infatti, con gli anni che ho, / della serietà mi è rimasta solo l’età» (Quattro aforismi).

La ricchezza tematica e le diversità tonali, che si riscontrano nei testi dell’autore, rinviano nondimeno a una concezione della realtà storico-umana unitaria e coerente, organicamente definita intorno a precise idee-valore, sempre sostenuta da solide convinzioni intellettuali-morali. Ne sono componenti fondamentali una viva coscienza problematica e quindi l’acuto avvertimento dell’inevitabile, costituzionale contraddittorietà dell’ordine delle cose: «C’è gente che si uccide per paura / (dimmi se questo ha senso!) di morire: / pur di affermar se stesso si distrugge…» (Controsensi); «E oggi come allora / la libertà che muore. / Nel nostro cuore il ghiaccio / col fuoco della rabbia / s’è sciolto solo un attimo: / il tempo di una lacrima / che torna presto in gelo. / Noi fummo solidali…» (Danzica ’81); «Credevo di riuscire a farne a meno / e invece sono qui che scrivo ancora / del giorno che ha sconvolto il nostro mondo, // quell’undici settembre ormai lontano / ma ancora presentissimo nel cuore…» (Anniversario N°20).

L’intento dei miei corsivi nell’ultima citazione è porre in risalto la correlazione antitetica significativa, poiché, stante la vision du monde del poeta alla quale appena sopra si è fatto cenno, la figura dell’antitesi rappresenta il primario spunto formalizzante, l’indubbia sollecitazione aggregativa e strutturante il molteplice materiale etico-sentimentale accolto e conseguentemente rielaborato dalla sua sensibilità artistica e creativa. Tale modalità retoricamente ordinativa si esplica nell’intimo del tessuto verbale, orientando, con palese funzione unificante, i procedimenti linguistici dello scrittore milanese: «…Non dico di restare indifferente / ma un interrogativo non mi lascia…» (Pietra d’inciampo, corsivi miei, come sempre in seguito); «…Probabilmente il costo del sapere / oggi non è metafora, ma soldo / che serve a comperare le risposte / a un desiderio senza più vigore. / E forse cresce una generazione / che lungi dall’amar, cova rancore / verso chi li richiama ad impegnarsi / perché il sapere sia vera conquista / e non solo ripetere le cose…» (Amara scuola mia… amara e bella); «Tesoro non da chiuder sotto chiave, / perché l’abbiamo ricevuto in dono / e dono agli altri ne possiamo fare, / ma da portare a tutti e condividere / come perenne pegno della pace» (Pentecoste); «…Se no restate almeno un po’ in silenzio / a contemplare quel che la natura, / e non un sentimento ballerino / ci ha messo come marchio nella carne…» (Maschio e femmina li creò); «Il tempo non cancella ma lenisce / il dolore allorquando ci ferisce / (…) / Ma nulla passa senza avere un senso: / non uno sguardo, non un sentimento…» (In morte del fratello dell’amica Claudia); «…È una questione che riguarda tutti / ma certi non la prendono sul serio / perdendone memoria giorno a giorno. // Eppure nel tenerla sempre a mente / s’illumina la vita in ogni istante; // se no tutto soccombe al puro istinto» (Il senso della vita).

Tuttavia nella ricerca poetica di Zelioli la “situazione” spirituale dell’uomo non appare bloccata nell’esperienza penosa di dualità insuperabili, statiche e paralizzanti. Il fattore fideistico-religioso, il fermo richiamo a Dio, al suo amore per noi tutti, al piano da Lui concepito per la salvezza di ogni creatura si rivelano una preziosa e decisiva istanza catartica e finalizzante il quotidiano, difficile “cammino del vivere”; e la dichiarazione dell’autore risulta al proposito inequivoca: «Che senso ha la vita a questo mondo? // In Te riposa l’eterna domanda / dell’uomo e trova risposta compiuta» (L’eterna domanda).

La consapevolezza della presenza attiva della Divinità, la certezza cristiana dell’efficacia illuminante e corroborante di un progetto di Redenzione che indefettibilmente si rinnova costituiscono il sostegno irrinunciabile di ogni virtù («In cielo, non in terra è il nostro posto. // Se ci troviamo in queste condizioni / è solamente per esercitarci, / guidati dallo Spirito di Dio, / ammaestrati dalla sua sapienza, // a camminare sulla giusta strada / a luce più splendente preparandoci // prima di transitare nell’eterno», Non omologati), secondo quello che lo scrittore rivendica nel dialogo ideale con un’auctoritas prestigiosa della poesia contemporanea quale Eugenio Montale: «È vero, Eugenio, non ci devon chiedere / la parola che squadri da ogni lato: / non abbiamo né forza né sapienza / per poter dire una parola vera. / (…) / A noi non è richiesto che seguire / per quel che umilmente ci è possibile / un dono agli umani inaccessibile: // quell’unica Parola che ci salva / che non è nostra e che non ripete / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo / ma ci introduce al senso del Destino» (Colloquio immaginario con Eugenio Montale, corsivi nel testo).

Nella seconda sezione della silloge, dedicata, lo si osservava in precedenza, al ricordo reverente e affettuoso di care persone defunte - e perciò incentrata sulla riflessione impegnativa riguardo al rapporto, ancora antitetico, fra la vita e la morte, fra il tempo terreno e l’eternità, e specificamente sulla giustificazione e sull’inveramento della prima dimensione alla luce della seconda -, mi è sembrata degna di attenzione particolare la lirica offerta alla memoria della consuocera: «Contemplare il silenzio della morte / non è esercizio facile ai viventi / sempre in ricerca di parole nuove / che riempiano di senso l’esistenza. // Per te è giunto molto presto il tempo / di lasciare il disordine del mondo. // Ma ogni cosa, adesso, è al posto giusto» (A Elisabetta, corsivo mio, come successivamente). Se sulla terra i conti non tornano mai, a causa della visuale angusta e limitata connessa alla parzialità sviante delle contingenze storiche, nonché all’implacabile antagonismo degli interessi contrapposti, nella contemplazione finale di Dio i contrasti si placano, ogni tensione viene meno e tutto “va a posto”; lo attesta altresì un grande scrittore italiano a me caro, Antonio Fogazzaro, il quale, nella pagina conclusiva del suo primo romanzo, Malombra (1881), con rara incisività descrive il radicale mutamento intervenuto post mortem nella prospettiva interiore del protagonista Corrado Silla: «Sulla faccia opposta di tante cose che guardate da questo nostro lato della morte gli eran parse iniquamente oscure, ammirava un ordinato disegno, una luce di bontà e di sapienza».

Il linguaggio delle poesie di Momenti è contraddistinto da essenzialità e felice scorrevolezza, da medietà lessicale e da un’agilità e da una linearità sintattiche indicative dell’inclinazione metodica alle misure espressive garbatamente prosastico-colloquiali: «…Sette gli anni vissuti con te nonno, / abbastanza per ricordarmi bene / quando al parco Sempione mi portavi / e mi prendevi l’“esse” per merenda, / e dopo, ritornati a casa tua, / m’insegnavi a cucire i vestitini / per il piccolo orsetto di peluche / e mi chiedevi d’infilare gli aghi / che avresti usato per lavoro, / tu ch’eri sarto, umile ma bravo…» (I due nonni che ho conosciuto).

Questo tratto peculiare non deve in ogni modo essere scambiato per trascuratezza o per superficialità compositive. La costruzione dei testi mostra al lettore attento aspetti di moderata letterarietà - dal prudente ricorso alla rima («Dal millenovecentoventitré / tu calchi il palcoscenico del mondo: / secolo pieno di stravolgimenti / dai quali hai tratto mille insegnamenti…», Cento candeline) e ad altre figure retoriche come l’anafora («…Non un’angoscia, non un mancamento / non un timore, non una caduta, / non un errore, non un pentimento…», In morte del fratello dell’amica Claudia, op.cit.), all’impiego della tecnica della ripresa iterativa («Tu ci lasciasti prima di lasciarci / ma rimanesti ancora in mezzo a noi /(…)/ Ora rifatto nuovo nel passaggio, / la tua grandezza esplode, finalmente. // Ora ci lasci senza più lasciarci», Addio, Benedetto!) - ; anche in questo caso la sobrietà dello stile è coefficiente importante di riuscita estetica e culturale.
Floriano Romboli

Marco Zelioli (Monza, 1951) ha insegnato materie letterarie e diretto scuole statali in provincia e in città di Milano dal 1984 al 2015. Dal 1978 si è occupato di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, seguendo le orme del padre, Aldo (1915-2008, ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione). Ha pubblicato le raccolte di poesie: Come spuma di onde (2017), Coriandoli di vita e di pensieri (2019), Briciole di vita (2020), Le mie lune e altre poesie (2021), Frammenti di luce (2021). Ha inoltre pubblicato i libri: Le parole dell’handicap (2001), Introduzione alla ricerca e all’uso dei dati scolastici (2002), Se l’handicap è nella scuola (2004).

MARCO ZELIOLI, Momenti, prefazione di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-17-2, mianoposta@gmail.com.

articolo pubblicato il: 27/11/2023

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