Animalisti hanno manifestato contro la caccia al randagio messa in atto in alcune località
italiane, altri si sono mobilitati per mettere in salvo al Nord i cani randagi siciliani. Forse è
errato parlare di randagi; da anni, d'altronde, non si può parlare di bastardi, bisogna dire meticci,
quasi che si tratti di incroci tra cani europei e cani autoctoni sudamericani, per cui forse sarebbe
meglio definirli senza fissa dimora.
L'Italia è uno strano Paese, si sa, e non solo se si parla di cani, a quattro come a due zampe
(che sono una razza più numerosa, visto i tempi in cui viviamo). L'orrore per un bambino sbranato da
una muta di randagi passa in secondo piano rispetto ad una cultura che non tollera più distinzioni
tra l'uomo ed il resto della natura (non ci addentriamo oltre su questo sentiero minato).
Va messo in evidenza che i cani randagi non sono "il lupo cattivo", in quanto il lupo ha paura
dell'uomo, ne sente la presenza a due chilometri di distanza e, in condizioni normali, preferisce
allontanarsi alla svelta. Il cane rinselvatichito non teme il genere umano, così come presumibilmente
i suoi figli ed i suoi nipoti, per cui una muta vagante non esita ad attaccare il passante solitario.
In Italia, a differenza di molti altri posti, una legge emanata in tempi lontani da un
Ministro della Sanità impedisce che, dopo qualche tempo di permanenza nel canile, un cane abbandonato
possa essere soppresso. Sarebbe facile dire che si tratta del Ministro in carica quando esplose lo
scandalo della Sanità, con lingotti d'oro trovati in casa di un alto dirigente (risparmi sulla spesa,
disse, e vorremmo tutti saper risparmiare tanto) e con milioni di italiani che si rifiutarono di
pagare un balzello una tantum sulla salute (cominciò anche così la fine della Prima Repubblica).
Lasciamo da parte i falsi animalisti, quelli che, con la scusa che la cacca è biodegradabile e
pestarla porta pure fortuna, evitano di munirsi di paletta e secchiello, ed anche coloro che vedono
il possedere un cane di grossa taglia come una rivincita di quando, da bambini, le buscavano sempre,
per cui godono vedere il vicino antipatico svicolare con il suo cagnetto al guinzaglio.
Esiste invece il grosso problema di coloro che allevano un cane lasciandolo libero di vagare
per il quartiere di città, forse memori dei loro antenati campagnoli che lasciavano i cani liberi nei
campi. Questa maniera di allevare un cane non può essere tollerata in una società civile, cosi come
tutti, giustamente, sono indignati da coloro che abbandonano i propri cani in vista delle ferie. (C'è
anche chi ricovera i propri parenti anziani in ospedale a Ferragosto, ma questo è un altro discorso).
La realtà è che viviamo in una società sempre più in decadenza, come la decadenza dell'Impero
romano, e questo non considerare più l'essere umano al centro del mondo ricorda Caligola che fece
senatore il proprio cavallo.
Caligola, sia detto per amor di verità, nonostante certa storiografia cristiana medievale, non era
affatto pazzo e il suo gesto aveva un significato ben preciso. Come il Cardinale di Belli al
popolano, voleva dire ai senatori "io so'io e voi non sete un c..."