James JOYCE
(Dublino 1882 - Zurigo 1941)
Da oggi, e per qualche mese, faremo quattro chiacchiere su grandi e noti letterati. La letteratura, si sa, ci indica e ci rivela il modo di pensare, di vivere, d'agire di un certo periodo storico. Noi prenderemo in considerazione alcuni autori scrutandoli filosoficamente. Vogliamo sapere quale eredità intellettiva ci hanno lasciato, cosa dicono al nostro cuore e al nostro cervello.
Cominciamo con James Joyce.
Nato da genitori cattolici, fu educato presso i Gesuiti, frequentando, in seguito, le università di Dublino e di Parigi.
Dall'adolescenza in crisi ne uscì miscredente in religione, scettico in filosofia, indifferente in politica, disfattista nella morale.
Joyce vede se stesso come ombra, si autoriconosce come ombra fra ombre, in un cimitero dove tutto è spento.
James adolescente, dopo un periodo di lotte generose ma anche di ricadute fatali, si abbandona alla corrente del male. Non ha una volontà ferrea e, d'altra parte, nella sua anima gioca un bivalente istinto che lo porta ora verso l'alto ora verso il basso, ora verso i paradisi dell'ideale, ora verso gl'inferni della lussuria.
Dalla quale, lui dice, nascono tutti gli altri peccati :
l'orgoglio di sé e il disprezzo degli altri,
l'avidità di spendere il denaro nell'acquisto di piaceri illeciti,
l'invidia di quelli che avevano vizi per lui irraggiungibili,
la .mormorazione calunniosa contro i devoti,
il piacere della ghiottoneria nel cibo,
la cupa ira esasperata con cui rimuginava il suo desiderio
il pantano dell'accidia spirituale e corporale.
Chiuso, solitario, malinconico e riflessivo vede sempre davanti a sé e dentro di sé, col bene, anche e forse più, il male. Diviene incredulo, e dedica tutta la sua vita al culto esclusivo dell'arte in cui, per lui, si riassume ogni più alto valore della vita.
Nel suo capolavoro letterario Ulyxes formula implicitamente la sua nuova filosofia : l'uomo in fondo non è altro che materia e "libido". I suoi vantati ideali, i miti di grandezza del passato, le ideologie di tutti i colori non sono che ipocrite maschere. Il destino e la vita dell'uomo sono miseramente nauseabondi e irredimibili.
L'uomo di Joyce non crede a nulla di bello e di buono, è peccato e resterà, in eterno, peccato.
Una considerazione finale da parte nostra.
Siamo alle solite. L'esperienza della sua vita elevata a dogma universale. Noi diciamo che l'uomo non è tutto quello che Joyce ha scoperto. Milioni e milioni di uomini, pur avendo peccato, hanno poi vinto in sé il peccato e attraversato la cloaca del "mondo" a piede puro e cuore incontaminato. Gente così ha dato impulso al mondo, lo ha mantenuto in vita e ha impiantato il germe della perpetuità. Joyce s'è fermato all'Inferno; capisco che sarebbe stato difficile alzare lo sguardo in Paradiso, ma poteva almeno dare una sbirciatina al Purgatorio.