Avviata con la mostra dedicata a Giuseppe e Matteo Giannini - padre e figlio entrambi pittori - il Museo d'arte delle Generazioni italiane del '900 - G. Bargellini, che ha sede nell'antico silo granario di Pieve di Cento (divenuto grazie ad uno straordinario intervento architettonico prezioso scrigno dell'arte italiana del secolo appena archiviato) propone ora un nuovo capitolo della serie "Affari di famiglia" presentando una coppia di artisti, in questo caso marito e moglie, in una grande mostra (catalogo Edizioni Bora) che, attraverso una accurata scelta di opere, vuol essere la testimonianza di un lungo sodalizio sentimentale ed artistico. Si tratta delle opere di un artista, Alberto Casarotti (Verona 1906 - Montalto di Rivoli 1991), protagonista di una lunga carriera, connotata da una fervida creatività e da una ricca produzione molto apprezzata dalla critica e ampiamente divulgata in pubblicazioni ed importanti eventi espositivi, che vengono esposte insieme a quelle della propria moglie, Germana Mineo, novantacinquenne tuttora in attività, mai esposte e quindi assolutamente inedite.
Fine pittore, Casarotti decide di esordire all'età di trentanove anni, spinto da alcuni amici, tra cui Renato Birolli, alla Galleria Santa Redegonda di Milano (siamo alla fine del 1945); lo presenta in catalogo Marco Valsecchi, il quale sottolinea come per l'artista veronese la pittura fosse "una scommessa esistenziale, una provocazione immaginativa e rivelativa della propria identità ... caratterizzata da più cambi di marcia, in evoluzione linguistica ed espressiva". La sua prima antologica ha luogo nel 1951 alla galleria San Fedele, sempre a Milano, presentata da Gillo Dorfles, che scrive: "Casarotti non ha imitato le numerose correnti astratte solo per mantenersi entro i canoni d'una moda troppo comoda e dilagante, egli ha invece tentato di semplificare, mediante un progressivo maceramento delle sue indiscutibili qualità tecniche, quegli elementi che potevano sembrare solo contenutistici o solo pittoricistici, e di raggiungere invece l'espressione essenziale con le sue fantasie cromatiche, attraverso una proiezione, spontanea e spesso controllata solo a posteriori, del suo Io profondo".
Fortemente voluta da Arrigo Rudi, grande amico ed estimatore dei coniugi artisti, la mostra, svariando in un repertorio tecnico che va dalla pittura ad olio all'acquarello, dal disegno all'incisione, fa ripercorrere le tappe della vicenda artistica di Casarotti, dal suo fondamentale incontro con gli artisti di "Corrente", fra cui Birolli, Migneco, Sassu e Treccani, alle prestigiose presenze alla Biennale veneziana, dalle ariose soluzioni figurative, ricche di grande invenzione cromatica e dominate dalla presenza di fascinose figure femminili, ad una ricerca linguistica esaltata da un "segno" che - come ha scritto Dino Formaggio - "viene direttamente dal corpo, dai sensi e dalle passioni del corpo e dall'io profondo che lo abita dentro, dal suo proprio inconscio". Un percorso artistico di oltre quarant'anni che, oltre ai testi in catalogo di Miklos N. Varga e Giorgio Di Genova, può essere approfondito attraverso le tante testimonianze che una notevole fortuna critica ha riservato negli anni all'opera di Casarotti: di lui si sono occupati, tra gli altri, Mario De Micheli, Leonardo Borgese, Raffaele De Grada, Franco Solmi, Marzio Pinottini, il grande Dino Buzzati, che in un articolo del 1971 sottolineava la sua "personalità inconfondibile".
Alla vicenda esistenziale ed artistica di Casarotti si intreccia quella della moglie, Germana Mineo, che ha insegnato disegno e prodotto, per integrare il bilancio familiare, bellissime ceramiche e disegni per tessuti. Di lei non si conosceva, se non dai più intimi amici, l'esistenza di una importante produzione di quadri ad olio ed acquarelli - realizzati nel corso dei cinque decenni trascorsi insieme al marito - che la mostra pievese ci da' oggi modo di ammirare. I suoi primi quadretti ad olio risalgono al biennio 1946-47: vasi di fiori e paesaggi campestri dipinti con una stesura del colore dai toni smorzati e pervasi da una luce crepuscolare; seguono i lievi acquarelli dedicati a temi marini e quindi i quadri dedicati ai paesaggi innevati delle colline veronesi; oltre alle tante nature morte, che testimoniano di una attenta ed intensa visione della realtà, osservata amorevolmente, sia nella sua dimensione "macro" che in quella "micro".
Oltre a rappresentare per la Mineo la prima esposizione "personale", la mostra è un occasione per approfondire i reciproci scambi che tra i due artisti si sono realizzati; perché oltre a quello che la moglie ha potuto assorbire dal più "importante" marito, è assai probabile che anche lui le sia debitore di qualcosa. Ai critici e al pubblico il compito e il gusto di scoprirlo.