"Pirandelliana", giunta alla sua XI edizione, è la rassegna di teatro che la "La bottega delle maschere" mette in scena all'Aventino dal 7 luglio all'8 agosto 2009, nel Giardino della Basilica di Sant'Alessio. L'evento contiene tre commedie di Luigi Pirandello: Tutto per bene, Pensaci, Giacomino! e - a grande richiesta - Il giuoco delle parti.
L'aria che si respira nella manifestazione non è raddensata, austera o severa, ma è ironica tragedia e commedia tragica. E' teatro pirandelliano. Messinscena sotto la luna, come un misterioso e fantomatico concerto a più voci. Tutto si fa polvere d'oro, dalle faville che sono sotto le stelle in una notte d'estate, alle vicende sul palcoscenico, scricchiolio di cose immobili che al contatto con l'uomo si vivificano.
È una sperimentazione completa sulla drammaturgia dell'uomo del Kaos con tre maschere nude alla base della drammaturgia contemporanea.
Il calendario dal 7 luglio al 2 agosto:
- Tutto per bene (il martedì, il giovedì, il sabato);
- Pensaci, Giacomino! (il mercoledì, il venerdì, la domenica);
- Il giuoco delle parti (dal 4 all'8 agosto).
Gli incassi de Il giuoco delle parti saranno totalmente devoluti in beneficenza.
Ingresso Euro 12 (ridotto per convenzioni Euro 10)
Inizio spettacoli ore 21.15 - apertura botteghino ore 20
Informazioni e prenotazioni: 06.6620982 - info@labottegadellemaschere.it
Le tre messinscena
TUTTO PER BENE
Martino Lori ha sempre ignorato il tradimento della moglie morta, ormai, da sedici anni e ignora di non essere il padre di Palma. Tutti, intorno a lui, hanno sempre pensato il contrario: Martino, dicono, ha accettato di rappresentare la commedia per sfruttare la situazione.
L'uomo apprende dell'infedeltà della moglie proprio dalla figlia o meglio, da colei che fino a quel momento egli ha creduto sua figlia. Esplode in Martino un'ansia di ribellione e vendetta, il suo sdegno chiede in qualche modo giustizia: ma chi potrebbe credere alla sua angoscia per un'offesa recatagli tanti anni prima?
Non si vendicherà, tutto si accomoderà, tutto si concluderà nel migliore e più beffardo dei modi: continuerà a comportarsi, stavolta veramente consapevole, come prima. Tutto per bene!
Un fondale pende quasi al mezzo della scena, come quella gran tela in "Diana e la Tuda". Le zone oscure recintano l'oltre, la scena negata, l'inconfessato e l'indicibile, dove Martino Lori, come Donna Fiorina, cerca con gli occhi nell'ombra addensata. Ferito a morte dalla verità, l'uomo non la rifiuta, perché ha recitato, inconsapevole, la parte in un copione sconosciuto, come una maschera nuda senza volto. È qui la grandezza di Pirandello: cercare di capire! Solo chi comprende può accettare di stare al giuoco impostoci, spesso beffardo e crudele. Bianco e nero nei costumi e tra le linee prampoliniane della scenografia, un pizzico di viola e la musica di Chopin.
Come Proust, anche Pirandello ha dato sostanza drammatica al sentimento del tempo, quando esso ha trasformato in farsa la tragedia: non si fanno drammi con un mucchio di ceneri! Dentro questa situazione c'è già la psicanalisi di Freud e lo "slittamento" di Pinter. Il tempo cambia gli spiriti e i destini. È il teorema morale, l'assunto metafisico della messinscena. Per dimostrarlo Pirandello utilizza un ingenuo con una facoltà di abbagliamento incredibile, una creatura come L'idiota di Dostoevskij. L'epilogo non è condotto linearmente, ma con scarti di tono da un parossismo più che espressionistico ad una progressione musicale, fino al vero finale con la quarta parete che, come un bozzolo, inghiotte di nuovo la vicenda nel suo mondo di mistero e con l'Autore, stavolta al femminile, inquietante pietra di paragone o personificazione della verità e della coscienza. Non è il solito passaggio graduale e progressivo da un mondo arido, sostenuto dall'implacabile giuoco dialettico, dalla parabola, ma una storia vista ed espressa con occhi più umani, con più profonda commozione, con il tributo del desolante sfacelo di un povero impiegato.
PENSACI, GIACOMINO!
Agostino Toti, anziano professore di ginnasio, prende moglie per far dispetto al Governo che lo ha tenuto per trentaquattro anni a stecchetto con un misero stipendio. Sposa la giovane Lillina, cui assicura di fare da padre e nient'altro, messa incinta dal suo ex alunno Giacomino Delisi, per obbligare il Governo a continuarle a pagare la pensione, per almeno altri cinquant'anni dopo la sua morte.
La moglie giovane potrà continuare a vedere il suo Giacomino. È un tradimento? Il professor Toti l'ha messo nel conto. Le corna gli assicureranno la pace in famiglia. Del resto, il tradito non sarà lui che alla giovane moglie può fare solo da padre, ma il marito che, in realtà, lui non è, non vuole e non può essere.
La gente ride e si scandalizza. Giacomino non sopporta più quella situazione paradossale di menage a trois, per cui abbandona Lillina e il piccino e si fidanza per tornare nell'ordine e mettere su casa propria. Il professor Toti, prima con le più tenere preghiere, poi con serie minacce - Pensaci, Giacomino! - l'obbliga a tornare da Lillina e dal suo bambino.
È il trionfo della spontaneità, della follia, dell'irrazionale. Irrazionale è tale solo in confronto a ciò che si è soliti chiamare ragione. In sé, è ragione, è logica anch'esso.
Ciò che si chiama ragione non è una delle tante forme, delle tante ragioni possibili, che ha, certo, diritto di vivere e di affermarsi, ma ha torto, quando vuole negare la possibilità e il diritto di altre forme, di altre ragioni?
La logica pirandelliana tocca il suo culmine in questo straordinario lavoro in cui si vede un marito forzare l'amante della moglie a tornare alla donna abbandonata e, quel che è più, ad avere ragione di agire così. Mai certa relatività delle costruzioni umane, che di fronte alla ragione e al comune diritto appare, e deve apparire, assurdità e follia, era stata sostenuta con violenza più acerba, più aperta e più lucidamente logica dall'Autore di Maschere nude.
La regia ha colto, lavorando alla siciliana, i tratti umoristici della commedia e li ha estesi a quelli ombrosi, sghembi e ironici scovati tra le pieghe della messinscena. È un Pirandello fatto di apparente genuinità popolaresca, ma è sempre il raffinato, ironico e amletico scrittore pieno di rimandi e di sottili allusioni. Il sipario si apre su una scena futurista che rende subito evidente lo strano personaggio che emerge dalle atmosfere irrazionali dell'uomo di Girgenti, pronto a mettere in discussione, a inquadrare gli squilibri e quell'intricato mondo di passioni e doveri, di sostanza ed apparenza, che è la famiglia "allargata" in un interno.
Commedia morale dunque, umoristica ma anche grottesca, con un personaggio che affronta l'ipocrisia del mondo senza la maschera di un ruolo sociale, quello di marito, un ruolo di cui si è liberato subito, dichiarando di non volerlo essere. Mozart ha scritto le musiche.
Ma siamo certi che, dando un'anima a una bislacca marionetta, non si superi il limite, proprio di quel paradosso al quale ci si vuole sottrarre? In altri termini, l'amarezza della commedia, e quindi della sua umanità, non derivano forse dal contrasto tra uomini e burattini? E s'è mai visto un più tragico fantoccio del professor Agostino Toti, di questo dolce apostolo dell'assurdo, così liricamente pervaso della sete di stravagante carità?
IL GIUOCO DELLE PARTI
Silia vive separata da Leone Gala che le ha lasciato tutte le libertà, anche quella di avere un amante, ma le ha imposto ogni giorno mezz'ora della sua metodica presenza. La donna profitta della prima occasione che capita per chiedere al marito di sfidare un noto spadaccino, uno dei quattro nottambuli ubriachi che una sera, entrati in casa per sbaglio, l'hanno offesa. Leone Gala accetta, permette, addirittura, che Guido Venanzi, l'amante di Silia, fissi le condizioni peggiori per il duello, però, nel momento di scendere in campo, rifiuta. A ognuno la sua parte. Egli ha fatto la sua, ha sfidato. Faccia la propria ora, battendosi, l'amante della moglie. Il giuoco è fatto!
Il giuoco delle parti, commedia limite in ogni senso, delle commedie di Pirandello è la più meccanica e crudele, perché la più nitida e coerente, la meno persuasiva e la più sincera. La regia si è collocata tra i personaggi e il dramma che urge in loro, ne ha esposto il delirante narcisismo logico, ha scomposto volumi e colori, ha risolto il giuoco tra le maglie di un cubismo e la suggestione delle gelide geometrie di un teorema. Del più violento paradigma teatrale che sia mai stato ideato sul tipico triangolo borghese, apparentemente legato ad un episodio di costume com'è il duello, non sono sfuggite né la molla che scatena il dramma, né quella sorda, repressa, esistenziale passione. Tempi, luci, musiche, scenografia mostrano senza forzature prospettiche il luogo metafisico che si apre all'inizio con un raggio di luna, per dilatarsi poi nella stanza, assunta come metaforica spirale dalle pareti alte e levigate, impenetrabile, luogo rappresentativo e focale di tutto il teatro pirandelliano. Bianco e nero!
Silia è una creatura incapace di consistere, disancorata, che sembra avere le malinconie di certe donne di Klimt e una sgomenta sensualità. Un marchesino e tre signori ubriachi che non entrano in scena sono voci di dentro come ansie oniriche.
Bianco e freddo, elegante e luciferino, logico e viola il mondo di Leone Gala che risolve di testa tutti i problemi e frantuma l'involucro del realismo per giungere al pernio della realtà. La regia ha percorso la stessa strada e vi ha trovato un piccolo borghese tutto murato dentro la propria maschera che non ha potuto affrancarsi dalla sofferenza di vedersi escluso.
Il contrasto tra Silia e Leone ha la dimensione di un'inconciliabile contrapposizione tra la vita e la rappresentazione analitica di essa. E' un'algebra per conoscitori del teatro nel teatro. Nel dipanare la vicenda, la regia non ha mai dimenticato che Pirandello è l'autore del più acuto saggio su l'umorismo! L'ingranaggio della commedia viene esposto in tutta la sua evidenza metaforica, l'asciutto contenitore mentale è reso visibile con effetti di magico realismo che oscilla tra Kafka e Buñuel. Non si è distrutta la forma ma scoperta una seconda realtà, un espressionismo di cui si parla solo per negazioni: una musica lontana, una luce come una fessura da uno strappo nel cielo di carta sulla maschera della luna e, nel finale, un pizzico di viola ritagliato nelle ultime note di una improbabile Cavalleria.
con
Marcello Amici, Marco Vincenzetti, Anna Varlese, Antonella Alfieri, Umberto Quadraroli, Cristina Chiriac, Stefano Capecchi, Luca Ferrini, Elisa Ciocca, Simone Serini, Francesca Iannelli, Carlo Bari. Scene: Marcello de Lu Vrau - Costumi: Natalia Adriani - Disegno luci e fonica: Giuseppe Tancorre.Regia Marcello Amici
Il calendario
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7 luglio (martedì) Tutto per bene
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8 " (mercoledì) Pensaci, Giacomino!
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9 " (giovedì) Tutto per bene
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10 " (venerdì) Pensaci Giacomino!
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11 " (sabato) Tutto per bene
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12 " (domenica) Pensaci, Giacomino!
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14 " (martedì) Tutto per bene
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15 " (mercoledì) Pensaci, Giacomino!
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16 " (giovedì) Tutto per bene
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17 " (venerdì) Pensaci, Giacomino!
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18 " (sabato) Tutto per bene
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19 " (domenica) Pensaci, Giacomino!
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21 " (martedì) Tutto per bene
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22 " (mercoledì) Pensaci, Giacomino!
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23 " (giovedì) Tutto per bene
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24 " (venerdì) Pensaci, Giacomino!
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25 " (sabato) Tutto per bene
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26 " (domenica) Pensaci, Giacomino!
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28 " (martedì) Tutto per bene
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29 " (mercoledì) Pensaci, Giacomino!
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30 " (giovedì) Tutto per bene
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31 " (venerdì) Pensaci, Giacomino!
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1 agosto (sabato) Tutto per bene
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2 " (domenica) Pensaci, Giacomino!
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4 " (martedì) Il giuoco delle parti (*)
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5 " (mercoledì) Il giuoco delle parti (*)
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6 " (giovedì) Il giuoco delle parti (*)
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7 " (venerdì) Il giuoco delle parti (*)
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8 " (sabato) Il giuoco delle parti (*)
(*) Serate di beneficenza - Gli incassi saranno donati - totalmente - ai Padri Somaschi della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all'Aventino come contributo per gli oltre 50.000 pasti che ogni anno vengono offerti ai Poveri di Roma e alle Suore Salesiane del VIDES per scavare un pozzo per i bambini della Missione di Zway in Etiopia.
GIARDINO DELLA BASILICA DI SANT'ALESSIO ALL'AVENTINO
Roma
Piazza Sant'Alessio 23