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la sconfitta di un atteggiamento
di Victoria Prego

In Spagna ha vinto un modo di essere. E ha perso un atteggiamento sbagliato. Una simile affermazione non appartiene all'ortodossia politica ma corrisponde all'osservazione della realta' del paese. Sembrera' un argomento debole, e forse lo e', ma e' indubbio che nel nostro paese, e da molti secoli, sia il motore che spinge il popolo sovrano ad abbattere o a metter su i governi... e i monarchi.

La gestione del Governo di Jose' Maria Aznar, sconfitto in modo improvviso e strepitoso - perche' lo sconfitto e' stato lui e non un altro - era stata eccellente in termini economici e di benessere pubblico: i conti della Previdenza Sociale erano sanati, si riscontrava perfino un'eccedenza attiva e si era ottenuto di fugare la paura del futuro che, anni prima, il serio rischio di estinzione delle pensioni aveva provocato nel sentimento collettivo.

Il ceto medio iniziava a sentirsi ascoltato da un Esecutivo che, dopo aver effettuato due riduzioni dell'IRPF, ne annunciava una terza per questa prossima legislatura, che non governera'. E la gente lo aveva creduto perche', come Rajoy aveva ripetuto durante la campagna elettorale fino alla stanchezza, "abbiamo fatto quello che avevamo promesso e faremo anche questo".

La Spagna aveva adempiuto i propri doveri come il piu' diligente membro dell'Unione Europea, avevamo mantenuto i limiti di bilancio ed avevamo conseguito di sopravvivere alla crisi economica internazionale senza costi aggiuntivi. Lo sviluppo economico era assicurato ed il panorama prossimo futuro si presentava tranquillo e colmo di fiducia. per non parlare delle promesse di spesa sociale fatte dal candidato nel corso delle ultime settimane che, insisto, sono state credute a mani giunte dagli elettori, avversari politici compresi.

Tutti questi elementi sono molto apprezzati da un determinato genere di elettorato, maggioritario in Spagna: quello composto dal larghissimo ceto medio, dai pensionati e da coloro in procinto di esserlo. Ma tutto cio' e' finito per non avere importanza, perche' "l'ultima mano fa la partita", come dicono quelli che giocano a carte.

In Spagna erano forse minacciate le liberta' civili? Questo si' che poteva essere un argomento di grosso calibro perche' la gente decidesse di passar sopra alle considerazioni di tipo economico. Ma non lo erano affatto, nonostante che alcuni reclamassero maggiore liberta' di espressione nel momento in cui l'esercitavano a pieni polmoni e con grande dispiegamento pubblicitario.

E' chiaro che ci fosse manipolazione dell'informazione ma, salvo gli anni dell'innocenza, quando governava Adolfo Suarez, non ho conosciuto un solo Governo, uno solo, che non abbia provato, e conseguito con estrema facilita', ad utilizzare i mezzi d'informazione pubblici al servizio non solo della propria ideologia ma anche dei propri interessi e necessita'. Il procedimento e' semplicissimo e consiste nel cambiare i vertici di questi mezzi di comunicazione e sostituirli con professionisti politicamente vicini. Per questo la pianta organica della RTVE e' aumentata in modo cosi' scandaloso nel corso degli anni. Si tratta della vecchia ricetta del sistema di alternanza messo in opera da Canovas e Sagasta, con le loro rispettive legioni di funzionari, avventizi e impiegati d'ordine.

Era, quindi, un soggetto titubante ed imprevedibile il candidato del PP, mancava di esperienza di governo, era sciocco - ce ne sono -, era un troglodita, un reazionario, un totalitario, un intollerante, un tipo aggressivo e insolente? Niente di tutto questo. Di piu', il successore di Aznar era nelle condizioni di esibire un atteggiamento molto simile a quello che viene riconosciuto al vincitore di queste elezioni, Jose' Luis Rodriguez Zapatero, il quale e' stato deriso dal suo stesso partito proprio per questo modo di presentarsi che, guarda caso, lo ha portato alla vittoria.

Era carente il programma del PP? Non lo era. Di piu', a volerli comparare il programma elettorale del PP era piu' completo e piu' preciso di quello del PSOE, nonostante lo fosse per un'unica ragione: che il modello fiscale dei socialisti non era che una bozza perche', come loro stessi hanno spiegato, non erano in possesso dei dati necessari per elaborare un progetto degno di fede. Ma anche perche' in materia di politica economica il PSOE aveva preso in questi mesi sufficienti sbandate tanto da produrre una certa apprensione tra gli esperti e tra diversi elettori, in modo tale che in una faccenda cosi' decisiva l'azione del PSOE era un'incognita. Incognite di questo calibro non garantiscono precisamente un sentiero di rose verso la vittoria.

In materia politica il PP aveva un preciso modello, ed e' qui che incominciamo a vedere i primi indizi d'apprensione tra la popolazione. Aveva, ed ha, il PP un modello di Stato condiviso dall'immensa maggioranza degli spagnoli, vale a dire un paese decentralizzato, con ampie quote di autogoverno e che non sottostia ai ricatti un certo tipo di nazionalismo insaziabile che non trovera' mai termine alle proprie richieste e non si arrestera' nella sua galoppata verso il disastro collettivo costituito dalla dissoluzione e dal crollo del paese in quanto tale. Su questo punto Aznar non ha incontrato resistenza tra i votanti che gli dettero la maggioranza assoluta nel 1996.

Il luogo in cui sono apparse reticenze e' stato il modo in cui il presidente del Governo - che e' colui contro il quale si e' votato, e non contro Rajoy, che e' stato vittima di tutto questo - difendeva le proprie posizioni: non ricevendo Jordi Pujol per oltre due anni, per dimostrargli che il modello autonomista era definitivamente chiuso; o caricando fieramente e chiedendo la dissoluzione del tripartito catalano che, avendo seri problemi di sopravvivenza politica, li ha potuti superare seguendo la procedura di chiamare a raccolta i catalani per resistere all'invasione delle quadrate legioni romane avanzanti sulla terra gallica.

Non vogliamo giungere a queste altezze con ricette inedite dai pretesi effetti magici, ma tra la popolazione moderata, che nel nostro paese costituisce la schiacciante maggioranza, esiste un timore crescente nei confronti del futuro politico della Spagna.

Essendo una parte di responsabilita' pienamente attribuibile alle minacce del nazionalismo indipendentista, propenso a reclamare senza offrire ed a badare a se stesso senza mai preoccuparsi per gli altri, e' esigibile dal presidente del Governo di Spagna la ricerca di uno spazio, non dico di accordo, dico di discussione. Qualcosa, in definitiva, che voglia alleviare il clima di tensione in cui stiamo vivendo negli ultimi anni. Solo questo. Perche' nella difesa della solidarieta' territoriale e civile, questo e tutti i governi si trovano a fianco gli spagnoli.

Dopo e' arrivata la guerra. La decisione di spalleggiare il presidente Bush nei suoi piani d'invasione dell'Irak e' stata adottata da Aznar con la convinzione che avrebbe meglio favorito gli interessi della Spagna, ma contro l'opinione maggioritaria degli spagnoli, espressa in strada e nei molteplici sondaggi. Fu sostenuta e non corretta con l'opposizione della maggioranza del Parlamento spagnolo.

Niente di quello che e' accaduto il 14-M si sarebbe prodotto se i risultati della guerra non fossero stati quello che sono, se l'invasione fosse terminata, l'ordine nel paese si fosse ristabilito e le armi chimiche fossero apparse; perche' non sono molti gli spagnoli che soffrono della sindrome anti USA propria della sinistra comunista europea dei tempi della guerra fredda. La maggioranza degli elettori non sono il cane di Pavlov, ma e' che questi cittadini liberi e moderati hanno verificato nel corso dei mesi che non si scoprivano le armi di distruzione di massa, il grande argomento di Washington per attaccare l'Irak; che dopo la guerra il caos si e' impossessato del paese; che le forze armate nordamericane sono state incapaci di ristabilire un minimo grado di ordine civile; che si moltiplicano gli attacchi della guerriglia e questa terra si e' convertita nel covo e nel campo d'operazioni di tutte le organizzazioni terroristiche del pianeta.

Tutto cio', e inoltre le vittime spagnole che sono state assassinate li', a volte in modi indigeribili per i loro compatrioti, come i sette membri dei servizi segreti fatti a pezzi dalla folla nei dintorni di Latifiya, restava presente nella memoria e nell'animo degli elettori, nonostante in stato di riposo. Nessuno pero' in Spagna lo aveva dimenticato.

E qui arriva la tragedia dell'11-M. Nessuno nel proprio sano giudizio morale e' capace di sostenere l'idea che la cosa migliore per evitare attentati e morti sia di non avvilupparsi in conflitti che sfiorino appena il rischio di una risposta terroristica.

Questa indecenza ci porterebbe a concludere che, affinche' l'ETA non assassini, sarebbe meglio guardare da un'altra parte e permettere che si concretizzino tutte le sue pretese. Come dire, mettere il paese a vivere in ginocchio. Gli spagnoli mai hanno voluto e chiesto questo, e la prova risiede nelle risposte civili di massa e di sfida nei confronti dei crimini terroristici. E' qui che si difende la dignita'; e si mette in pratica. Pero' il fatto e' che pochissimi, in Spagna, hanno creduto che la guerra in Irak fosse una questione di difesa della dignita' democratica, ma solamente una scommessa personale, altezzosa ed errata, di Aznar.

Per questo, quando, con 200 morti, dai servizi segreti arriva la conferma che il Governo gia' sa che la pista piu' sicura porta ai gruppi islamici e non all'ETA, il PSOE fa pressioni sul ministro dell'interno perche' dica quello che sa. Il sabato sera, giorno di riflessione, Alfredo Perez Rubalcaba decide di esigere pubblicamente che il Governo renda pubblica la rilevante informazione di cui dispone. "Gli spagnoli non si meritano un Governo che mente", rincara. L'Esecutivo non aveva mentito, ma certamente aveva ritardato, forse per non compromettere le indagini, la notizia della detenzione di cinque individui e l'apparizione di un video che rafforzava la pista Al Qaeda. Questa frase provoca la rovina. A margine delle inaccettabili aggressioni alle sedi del PP, nella coscienza collettiva finisce allora di cristallizzarsi il cambio decisivo in gestazione da vari giorni: tutte le cambiali in scadenza con Jose' Maria Aznar si accumulano e passano in riscossione con la mora a colui che in questo momento sta allo sportello: Mariano Rajoy, il pagatore, a dispetto del suo magnifico atteggiamento dialogante, come Zapatero.

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