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opinioni e commenti
sulle ''rivoluzioni'' tecnologiche
di Paolo Lulli

La rivoluzione industriale

Sin da quando si impiegarono i primi macchinari in grado di sostituire il lavoro dell'uomo, si adotto' il termine ``rivoluzione''. Segno indiscusso che, di fatto, qualche cambiamento stava intervenendo nelle fibre piu' profonde della struttura sociale.

E le vere rivoluzioni non sono mai politiche, quanto piuttosto sociali. Ovvero, una rivoluzione politica che muti i vertici di una piramide sociale, ma ne lasci inalterata la struttura, non produce lo stesso mutamento negli atteggiamenti culturali di quello prodotto da un mutamento della struttura sociale di per se'. Parlando in questi termini, il significato culturale di progresso non e' da ricercarsi tanto nel modo in cui una nuova tecnologia cambia il modo di fare una certa cosa, quanto nella capacita' di questa di modificare le relazioni sociali e, in ultima analisi, le strutture e i modi in cui la stessa societa' trova la propria espressione.

misura del progresso

Essendo questo il metro di giudizio, in relazione agli effetti prodotti sul tessuto sociale si puo' misurare il grado di progresso, ma anche di regresso raggiunto.

Questo significa che l'innovazione, di per se', non assume una connotazione etica, e quello che vi si puo' attribuire non prescinde da parametri di giudizio soggettivi.

Bisogna percio' acquisire consapevolezza del proprio peso.

L'idea della scienza come un qualcosa di certo ed inoppugnabile non deve, come purtroppo avviene, lasciar credere che lo sviluppo tecnologico debba prescindere, per forza di cose, da quanto sia considerato etico e desiderabile per tutti, donne e uomini.

la consapevolezza

L'utilizzo non consapevole delle tecnologie e' fonte prima di regresso culturale. La ridondanza di informazione, senza la necessaria educazione agli strumenti che servono ad incanalarla, sortisce un effetto perfettamente contrario a quello atteso.

Alla diffusione delle tecnologie deve accompagnarsi una cultura radicata delle stesse.

Una cultura vera, che costa fatica, ma rende liberi.

Non una finta cultura mercificata, un nozionismo schiavo di prodotti commerciali accompagnato da brevetti che impediscono l'esplicazione naturale dell'intelligenza e della creativita' umana.

Una considerazione grave, e forse persino scontata, che ritengo vada fatta, e', senza appello, che questo tipo di cultura manca, con tutte le conseguenze del caso.

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