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speciale nonni e bisnonni d'Europa
a Granada, due milioni di anni fa

Per anni la scoperta di Josep Gibert, paleontologo catalano è stata messa in dubbio ed addirittura irrisa da autorevoli scienziati.

I resti rinvenuti nella zona di Guadix-Baza, in provincia di Granada, sono stati a lungo attribuiti ad un giovane asino, nonostante che molti indizi facessero ritenere che si trattassero di resti umani.

La realtà è che i resti di Orce hanno cancellato convinzioni tra le più accreditate, dimostrando che esseri umani erano presenti in Europa già due milioni di anni fa, mentre i paleoantropologi ritenevano la colonizzazione dell'Europa non anteriore a mezzo milione di anni fa.

Altri antenati sono indubbiamente arrivati molto dopo, probabilmente costeggiando l'Asia Minore e risalendo lungo il Bosforo, ma sicuramente gli abitanti di Orce venivano dall'Africa attraverso Gibilterra, per un periodo unita alla costa marocchina.

Gli uomini forse inseguivano prede tipicamente africane; nei siti della zona, infatti, oltre a bufali e capre sono stati rinvenuti resti di rinoceronti e ippopotami.

Le polemiche sulla scoperta di Gibert sono iniziate sulla stampa internazionale già nei mesi successivi al rinvenimento dei reperti, nel 1982 e nel 1983, nonostante l'esame di numerose ossa di animali dimostrassero una scarnificazione da parte di persone munite di attrezzi litici adatti (selci lavorati, sia pur in modo rudimentale, sono stati rinvenuti a centinaia).

La parola fine alle polemiche l'hanno messa le ricerche effettuate con gli ultimi ritrovati della scienza, per cui il "giovane asino" ha dimostrato di possedere albumine umane (ricerche dell'Università della California e dell'Unità di Immunologia di Granada).

Se i resti umani sono pochi è anche perché gli antichi abitatori della zona non si rifugiavano in caverne naturali, ma passavano la loro esistenza completamente nella savana e il loro resti erano prede di iene e sciacalli o di uccelli tipo avvoltoio.

Pochi resti, dunque; un pezzo di braccio per identificare un bambino di cinque o sei anni (forse preda di un animale feroce), parte della spalla di un uomo, il cranio di un terzo individuo molto giovane, per un totale di undici frammenti sparsi in diversi siti.

Osservazioni con il microscopio elettronico e con strumenti di illuminazione polarizzata hanno stabilito che un molare rinvenuto è certamente umano, con buona pace di chi fino a pochissimo tempo fa si è ostinato (qualcuno si ostina tuttora) ad affermare che ominidi così antichi non potevano trovarsi nell'Andalusia orientale.

Anche gli studi condotti nell'università Complutense di Madrid con le tecniche più avanzate hanno dimostrato che la parte di cranio è sicuramente attribuibile ad un essere umano e non ad un equino.

Stabilire con esattezza l'epoca è abbastanza difficoltoso; sicuramente i resti sono più antichi di un milione e mezzo di anni e si può ipotizzare anche che siano vecchi di due milioni di anni.

La prova culturale dell'esistenza di ominidi nella zona è comunque quella della presenza di una "industria" litica di macellazione.

Gli strumenti rinvenuti e l'evidente scarnificazione mediante pietre di resti animali dimostrano quello che può definirsi un assioma: se qualcuno ha macellato prede o carogne rinvenute, quel qualcuno non poteva che essere un ominide.

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