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cultura
Gabriel Honoré Marcel
di Giuseppe La Rosa

(1888 – 1973)

Nasce a Parigi, figlio di un importante un uomo di Stato. A vent'anni era già Docente universitario. Addetto alla Croce Rossa nella guerra 1914 – 1918. Viaggia molto e s'interessa, oltre che di filosofia e letteratura, anche di musica e di pittura.

La sua opera è imponente e il suo pensiero profondo. Volumi di filosofia, lavori teatrali, molti articoli, note e giudizi su una vasta gamma di materie.

Il suo pensiero.

All'inizio non c'è il cervello con le sue ragioni ragionanti, ma la vita vissuta con le ragioni del cuore, le esigenze dello spirito, l'intuizione, ecc. che attingono l'Essere, in un contatto immediato, vivo, vigoroso e durevole.

Pensare non è astrarre cose esistenti fuori di te, o tessere un groviglio di idee assolute in se stesse. Pensare è un comunicare reciproco tra esseri concreti, me, te, noi, e poi tutti con l'Essere che ci implica, ci esistenzia, ci arricchisce.

La singolare esperienza sensitiva mi fa percepire ciò che circonda il mio corpo, l'intelletto, attraverso la tensione interiore, me ne fa compenetrare la spiritualità. Questa è l'essenza del nostro pensare, il corpo che comunica con lo spirito e lo spirito che comunica con il corpo, lo spirito che si alimenta e si sostenta del corpo e il corpo che immette lo spirito nel tessuto obbligato del tempo e dello spazio.

Tutta la realtà è un universo di visibili, tangibili, unici ed incessanti comunioni, che compongono il punto nodale e sovrano dell'esistenza : l'amore.

L'uomo ha una divorante fame d'amore. La comunione tra me e te non si esaurisce in un possesso tranquillo e definitivo ma è una spinta d'ininterrotto e persistente superamento, una ricorrente ed instancabile ascensione ad un Tu sempre più puro ed integrale, che è in segreta convivenza con me e sembra appagare quel che il mio essere profondo oggi esige.

Fuori da quest'ottica, ci sono gli uomini, e le cose che sono con loro e per loro, i quali vengono ordinariamente trattati come oggetti, ognuno dei quali con funzioni incorporate. Senza un fine che porti più in alto, la vita di costoro si riduce a illusione, l'illusione dell'"avere". Da questo misero, carente e deludente inseguimento d'ombre vane nasce il disordine del mondo, inquietato e corroso nell'anima dal taedium vitae. Se ci si fissa all'avere, si vagabonda e si naufraga fra oggetti.

Salpando dal porto del nulla e del vuoto avere, bisogna veleggiare verso le splendide città dell'Essere, là dove soltanto, come dice S. Paolo, Dio sarà tutto in tutti.

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