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il calamaro non trova delfini
di Teddy Martinazzi

Il Presidente del Brasile, Luiz Inacio da Silva, per tutti Lula (in portoghese calamaro) ha forse ben poche possibilita' di essere rieletto, l'anno prossimo.

Una raffica di scandali esplosi tutti assieme sta facendo in modo che la sua popolarita' stia cadendo a precipizio, sia nei sondaggi delle agenzie specializzate che, soprattutto, nell'opinione della gente.

Si sta assistendo in Brasile ad una replica della stagione italiana di "Mani pulite", anche se laggiu' non si puo' parlare di "manette facili", perche' finora nessuno e' finito in galera,in quanto le manette sono tutt'altro che facili, in particolar modo per chi e' potente.

Gli scandali non hanno ancora toccato il presidente, ufficialmente soltanto amareggiato per la caduta del mito di onesta' del suo partito, ma c'e' chi, pur non conoscendo se non vagamente Andreotti, ripete inconsapevolmente il suo assioma: "A pensar male si fa peccato, ma talvolta s'indovina".

Il grosso problema e' che Lula non ha nel suo partito chi possa sperare di succedergli. La rosa dei delfini e' vastissima, ma si assottiglia ogni giorno di piu' laddove si consideri che i candidati alla successione sono, chi piu' chi meno, tutti nell'occhio del ciclone a causa di qualche scandaluccio, o comunque per qualche irregolarita' commessa, magari quando si era solo un amministratore locale.

Chi dice che il presidente non arrivera' alla fine del suo mandato e' sicuramente in errore per una serie di ragioni. Non solo perche', ricordando le difficolta' incontrate da vari suoi predecessori, Lula ha scartato molti modi d'agire del passato, come (grazie a Dio) il suicidio di un presidente, paragonandosi invece al grande Juscelino Kubitschek, il fondatore di Brasilia, che resistette impavido agli attacchi degli avversari, ma anche e soprattutto perche' la sua politica economica premia esclusivamente i banchieri ed i grandi speculatori finanziari, i quali ad ogni latitudine sono un robusto mastice, capace di tenere incollata qualsiasi testa.

All'osservatore straniero puo' sembrare assurdo che una simile pletora di scandali non faccia affondare il governo, ma tant'e'. La moneta locale, il real, e' sempre piu' forte sul dollaro e sull'euro e non accenna minimamente ad indebolirsi, con le prevedibili conseguenze sulla (mancate) esportazioni e sull'occupazione, sempre piu' precaria per milioni di lavoratori.

Il ministro dell'economia, Palocci, ha rigettato le accuse di un suo grande accusatore, dicendo che erano del tutto infondate. Lula ha pubblicamente dimostrato di avere piena fiducia in Palocci. I banchieri hanno apprezzato moltissimo tutto cio', molto meno hanno gradito coloro che amano il Brasile e che vorrebbero fosse fatta piazza pulita dei corrotti.

Quotidiani e settimanali non si occupano ormai che di scandali (deja' vu, almeno qui da noi) e la barzelletta che circola di piu' e' quella del rapinatore che propone al rapinato differenti opzioni: se sei un semplice cittadino fuori il portafoglio, se sei un consigliere fuori la valigetta (un politico e' stato fermato con una ventiquattrore piena di soldi), se sei un assessore fuori le mutande (un altro politico e' stato sorpreso con migliaia di dollari celati nel suo indumento piu' intimo).

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