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cinema
cinderella man
di Franco Olearo

USA 2005
Regia:
Ron Howard
Sceneggiatura: Akiva Goldsman, Clifford Hollingsworth
Durata: 144'
Interpreti: Russel Crowe, Renee Zellweger, Paul Giamatti, Graig Bierko, Paddy Considine
Genere: Drammatico

New York. La Grande Depressione. Jim Braddock è un irlandese che ha avuto una certa fortuna come pugile ma poi ha dovuto smettere per una ferita alla mano. Per mantenere la moglie e i suoi tre figli cerca ingaggi saltuari come scaricatore di porto e quando anche questa occasione manca, si umilia a chiedere denaro agli amici. Poi, la fortuna cambia direzione: riesce a ritornare sul ring e una serie di vittorie gli danno una certa serenità di vivere. Fino al giorno della grande sfida con il campione dei pesi massimi Max Baer: il botteghino lo da per perdente 10 a 1 ma lui ha volontà da vendere...

Molti film sono stati scritti sulla Grande Depressione. Essa costituisce la grande prova con la quale si è forgiato lo spirito americano o almeno il suo mito, caratterizzato dalla consapevolezza che la vita non concede sconti e che si vince solo contando sulle proprie forze, con tenacia e determinazione. Il regista Ron Howard e il premio Oscar Russel Crowe si sono di nuovo messi assieme dopo il successo di A beautifull mind per raccontare la vittoriosa battaglia di un individuo: contro le avversità: allora contro i fantasmi della propria mente, ora contro la povertà. Se il primo film culminava con il massimo dei riconoscimenti personali, il premio Nobel per l'economia, qui l'evento topico è la sfida con il più giovane e atletico campione dei pesi massimi in carica, avvenuta il 13 giugno del 1935; una sfida-simbolo per la moltitudine degli immigrati nel Grande Paese, per tutti quei proletari che ancora vivevano mendicando un qualsiasi lavoro a giornata (fa impressione la sequenza dove si vede Central Park affollato delle baracche dei senzatetto).

In un modo possibilmente ancora più intensa che nel film precedente è la solidarietà fra marito e moglie e con i figli. Essa costituisce la forza trainante per superare le avversità: se nel precedente lavoro è la moglie a sostenere il peso della lunga riabilitazione del marito, ora è Crowe-Braddock a ricavare dai suoi impegno verso la famiglia le energie per le sue sfide epiche (rimasto più di un anno lontano dal ring, è ora più anziano dei suoi contendenti) e a mostrare quella forza di volontà e determinazione che gli altri non hanno.

Braddock nel film (ma anche nella realtà, perché così è accaduto), una volta raggiunta una certa agiatezza, decide di restituire allo stato i soldi del sussidio che aveva ricevuto fino a poco tempo prima: un gesto di solidarietà ma anche un orgoglioso spirito di indipendenza.

Ron Howard ha fatto strada come regista: se finora poteva venir qualificato come un discreto professionista con un'impostazione classica, ora ha manifestato una sua originale personalità realizzando, grazie ad un abilissimo montaggio, lunghe sequenze di combattimenti sul ring che lasciano inchiodati alla sedia. Ottima anche la scelta estetica di utilizzare tonalità color seppia, per restituire la stessa profondità di campo del bianco e nero dell'epoca.

I combattimenti sono prolungati e violenti: è sconsigliabile la visone ai più piccoli e ai più impressionabili. Si comprende però che questa chiave realistica è stata impiegata dal regista per simboleggiare la vita dura di quei tempi e al contempo per evitare il pericolo di scivolare nella favola edificante..

Russel Crowe ha trovato anche questa volta la chiave giusta per rappresentarci un uomo mite, onesto e riflessivo che trova nella famiglia le ragioni della sua determinazione per vincere. Quando viene spinto all'angolo del ring, crivellato di colpi da un avversario più dotato di lui, Russel-Jim ci mostra uno strano ghigno, quasi beffardo, come a mostrare all' avversario la sua impossibilità di soccombere, la sua superiore capacità di superare qualsiasi difficoltà.

(per gentile concessione di www.familycinematv.it)



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