Bacchelli aveva sostenuto che il libretto d’opera non avrebbe mai avuto futuro e non avrebbe mai avuto dignità letteraria. Ma, sic est. Se pensiamo agli intermezzi settecenteschi, vediamo che sono ancora freschi e godibili dal pubblico.
Chi ha una certa età, ricorda certamente l’impegno profuso da Bacchelli e da Buzzati per promuovere e diffondere la letteratura attraverso la televisione che negli anni Sessanta stava entrando nelle case degli italiani. Ebbene il dittico, così è stato presentato da Enrico Girardi, seppure apparentemente diverso al suo interno, offre analoghe chiavi interpretative, spunti di lettura e, soprattutto, avvicina ad un momento di intensa sperimentazione musicale e librettistica in atto in Italia nella prima metà del Novecento. Cimentarsi sulla tradizione con strumenti nuovi era considerata la missione.
Se gli intermezzi settecenteschi dilettavano e alleggerivano la serietà dell’opera in scena, questo dittico evoca atmosfere surreali, oniriche, inconsce, spinge cioè a pensare.
All’apparente frivolezza di Procedura penale fa da contraltare la caparbia difesa della vita affidata ai numeri e al loro significato.
La dicotomia fra la quotidianità e l’esistenza che si vorrebbe avere esplode e nella deflagrazione porta a galla tutte le contraddizioni.
Pochi personaggi, scarna ed essenziale la musica diretta dal maestro Marco Angius, così come la regia di Giorgio Bongiovanni e le scene di Andrea Stanisci. I costumi, molto ricercati, di Clelia De Angelis ed esaltati dalle luci di Eva Bruni hanno richiamato alla complessità della vita e dei personaggi in particolare divisi tra l’essere e l’apparire.
Le prove offerte dai cantanti e dall’orchestra hanno reso la serata importante.
articolo pubblicato il: 31/08/2024 ultima modifica: 08/09/2024