storia
l'Assente abbandonato
di Teddy Martinazzi

Il mito de El Ausente, L'Assente, fu creato da Francisco Franco mentre José Antonio Primo de Rivera y Saez de Heredia, per gli spagnoli semplicemente José Antonio, marciva in quel carcere di Alicante in cui doveva essere fucilato il 20 novembre 1936, settant'anni fa. Franco su quel mito basò la sua fortuna politica, ergendosi a capo dei falangisti spagnoli. In realtà Franco era semplicemente un "listo", un furbo. Franco era franchista e basta, non aveva un'ideologia. Giovane ufficiale in Marocco, si parlava di lui come un uomo "sin mujeres y sin misa", perché non andava mai a messa, salvo in seguito ad ergersi a campione del cattolicesimo. Una serie di "fortunate" circostanze pose Franco a capo incontrastato degli insorti; prima la morte in un incidente aereo del generale Sanjurjo, capo designato della rivolta, il 20 luglio del 1936, poi quella dell'unica persona che poteva contrastarlo al vertice dei nazionali, il generale Mola, perito in un altro incidente aereo, il 3 giugno del 1937. Una seconda morte "provvidenziale" per le fortune politiche di Franquito, come lo chiamava davanti a tutti il vecchio generale Cabanellas. Franco se ne guardò bene da correre in soccorso di José Antonio. Poteva dirigere contro Alicante tutte le sue forze, tentare uno sbarco, fare uno scambio di prigionieri vantaggioso per i repubblicani. Nulla di tutto ciò. La morte del politico nazionalsindacalista lo liberava di una figura ingombrante, di un autentico ideologo, uomo di grande carisma, nonché amato da tutti gli uomini di destra, in quanto figlio di quel Miguel Primo de Rivera che aveva governato la Spagna con pugno di ferro. Ma Franco era colui che ad ogni città conquistata telegrafava la notizia al re Alfonso XIII, in esilio a Roma dal 1931, ma che si guardò bene dal comunicare la caduta di Madrid. Il re, quel giorno, capì leggendo i giornali che a Roma sarebbe rimasto per sempre, da vivo e per moltissimi anni anche da morto, perché a Franco dava fastidio anche la sua salma. José Antonio, che era un brillante avvocato, si difese da solo davanti ai giudici, riuscendo ad ottenere la commutazione della pena di morte a quella della reclusione per il fratello e la cognata, ma per sé non volle appellarsi. Fu fucilato con indosso il "mono", la tuta da operaio che aveva indossato per tutto il periodo della sua reclusione. La storia non si fa con i se e con i ma, è ovvio, ma sicuramente se a capo della Spagna nazionalista vincitrice ci fosse stato José Antonio le cose sarebbero andate ben diversamente. Non avrebbe finto, come Franco, di essere pronto ad entrare in guerra a fianco delle forze dell'Asse, salvo poi porre ad Hitler, ad Endaye, richieste insostenibili e, addirittura, a dichiarare guerra al lontanissimo Giappone nel 1945. José Antonio avrebbe trascinato il suo Paese in guerra e la Spagna avrebbe avuto la democrazia esattamente trent'anni prima di quel 20 novembre 1975 in cui Franco morì, dopo un'agonia che tutti giudicarono artificiale, perché tenuto in vita proprio fino alla fatidica data del 20 novembre. Ogni sincero democratico deve condannare senza remore le sue idee politiche, ma, a differenza di "Paquito" (come Franco era chiamato dai parenti per distinguerlo dall'omonimo cugino, Pacón), José Antonio era un uomo di grande coerenza, un uomo vero.